martedì 26 giugno 2007

Riforme e Consenso:istruzioni per l'uso

Dall''elettore al telespettatore, ovvero come si è passati dalla ricerca del consenso alla conquista dello share.

Il consenso dei cittadini spesso è ignorato, presunto, dato per scontato. Nel migliore dei casi viene ricercato a posteriori attraverso sondaggi demoscopici, quando l'atto politico/di governo è già stato posto in essere. Si ricorre ai sondaggi d'opinione perchè non si ha più il polso della base elettorale, i partiti sono talmente lontani dai propri elettori che, per sapere quello che pensano, devono fargli telefonare da un istituto di ricerca escludendo in questo modo la possibilità (e il rischio) che le persone dicano quello che pensano realmente, incasellando la critica in un test a risposta chiusa. Dalla ricerca del consenso siamo passati alla conquista dello share trasformando l'elettore in spettatore, l'iscritto al partito in consumatore al mercato della politica, il militante in cliente: abbiamo svilito le tessere e l'appartenenza ai partiti per sostituirle con un telecomando. E il cittadino, giustamente, ha la sensazione che, in fondo, in tutti i canali ci sia sempre lo stesso programma perchè qualcuno ha deciso, sulla sua testa, cosa valga la pena trasmettere e cosa no. E che questo programma sia solo una scusa per vendergli a carissimo prezzo qualcosa che non gli serve.
In molti casi, a tutti i livelli, è accaduto che la riforma di turno sia stata pianificata, programmata, eseguita, e solo successivamente si sia ricercato il consenso degli elettori a supporto di un atto che è vissuto "di vita propria". E' emblematico il caso del termovalorizzatore di Ottana, in cui la Giunta Regionale ha individuato, a torto o a ragione non è questa la sede per discuterne, la necessità di costruire un Termovalorizzatore a Ottana, stabilendo linee guida, indicendo un bando per la progettazione, e aggiudicandolo. A questo punto, e solo a questo punto, si è ricercato il consenso dei cittadini che non sono stati interpellati nelle fasi preliminari. Questo metodo, oltre ad essere offensivo per la dignità dei cittadini elettori, è anche fallimentare sul piano dell'efficacia dell'azione politica: gli esclusi infatti percepiscono, giustamente, questa ricerca di consenso come un atto puramente formale, e ovviamente si uniscono in comitati "contro". E l'essere contro il termovalorizzatore si traduce poi nell'essere contro l'azione politica in toto, e contro i partiti che la portano avanti.
E' compito degli organismi politici/amministrativi informare correttamente e in modo equo i cittadini sulle motivazioni dell'azione politica/di governo. Occorre confrontarsi con le persone e stabilire un rapporto diretto con loro: spiegare le ragioni per cui si decide di compiere un atto, ed elencarne i benefici, ma anche i rischi; le opportunità, ma anche le minacce. E occorre, sopratutto, ascoltare le obiezioni, soppesarle, confrontarsi con gli elettori che dissentono ed eventualmente modificare l'azione politica. Il consenso, così come il dissenso, deve essere informato, motivato: la ricerca del consenso è molto più complessa ed articolata rispetto a quanto si può incasellare in un sondaggio d'opinione. Ascoltare richiede tempo, passione e disponibilità al confronto. E senza confronto non ci può essere consenso. Al termine del confronto può anche essere necessario andare avanti, ma questo deve essere fatto solo dopo aver ascoltato gli elettori, i cittadini, le persone.
Nessuno deve avere l'idea che la propria opinione non venga neanche ascoltata, e che comunque non conti. E' questa convinzione, infatti, che ha minato le radici del rapporto tra partiti e cittadini, che ha reso le persone apatiche, se non ostili, nei confronti di una classe politica diventata elitaria e estranea ad ogni rapporto con il mondo reale. Ed è questa convinzione che occorre eliminare stabilendo un rapporto diretto con gli elettori, senza mai stancarsi di parlare e spiegare, ma, sopratutto, senza mai stancarsi di ascoltare ed agire di conseguenza.

Gianstefano Monni

CONTRIBUTI E RIFLESSIONI PER UN PARTITO VERAMENTE NUOVO
In questa sezione ognuno di noi può postare le sue riflessioni, i suoi scritti, i suoi suggerimenti sulla forma, il modus operandi, le caratteristiche che il PD dovrebbe avere per essere veramente nuovo. I contributi postati sono emendabili, integrabili, e anche criticabili.

QUALE SINISTRA? (Quantità e qualità della sinistra in un partito "di massa")

Nel generale rimescolamento di dichiarazioni e posizionamenti seguito all'accelerazione sulla formazione del nuovo soggetto, mi ha colpito un concetto in particolare.
Esiste un punto di vista, ingenerosamente attribuito solo alla cosiddetta "sinistra radicale", ma che è più in generale attribuibile ai soggetti di sinistra che non si impegnano direttamente perchè la politica è un affare per pochi (sporco, per giunta),e che sono sempre "più a sinistra di qualcuno", e magari per effetto della sindrome di Cristoforo Colombo a forza di spingersi a sinistra percorrono l'orbe della politica fino a ritrovarsi a destra.
Il punto di vista è il seguente:
l'esperienza del Partito Democratico è nei fatti inutile poichè non vi è abbastanza sinistra nelle sue premesse e nella sua composizione; o perlomeno non c'è tutta la sinistra che serve al nostro Paese per affrontare una nuova fase di riforme vere e di sostanza.
A parte le considerazioni accessorie su questa posizione , paragonabile nel funzionamento causa-effetto a quella di una ragazza che ti dice "Ti lascio perchè non voglio farti soffrire", resta il dubbio se sia veramente importante la quantità di sinistra da "portare" nel nuovo soggetto, o se non sia piuttosto un problema di qualità della sinistra.
L'interrogativo è angosciante anche perchè, come le ciliegie, se ne tira dietro tanti altri a catena.
Il primo è: la qualità della sinistra espressa fino ad oggi, stante anche l'azione di governo espressa sia a livello locale che nazionale, è a livello delle ambizioni che la classe dirigente ha di proclamarsi "riformista" o "riformatrice" o "progressista"?
Posto che la risposta al quesito è necessariamente NO, cerchiamo di capire quale potrebbe essere la "forma" della sinistra capace di garantire qualità, e quindi riforme.
Innanzitutto se vogliamo riferirci a esperienze concrete possiamo senz'altro dire, come tanti notisti politici fanno notare da mesi, che i soggetti capaci di fare le riforme sono coloro i quali governano le situazioni per come si presentano e non per come si vorrebbe che fossero. Infatti, un deficit tipico della nostra classe politica è quello di appellarsi di volta in volta al programma di governo, per fregiarsi della patente di riformista, cosa che serve per alimentare visibilità, rendite di posizione e potere ricattatorio.
Emerge tra l'altro in questo frangente come questi comportamenti siano appannaggio tanto della sinistra radicale, tanto di forze cosiddette "moderate", in ultima analisi accomunate da percentuali elettorali piuttosto che da identità di vedute.
Ecco, il potenziale riformista dell'azione di governo, già di per sè ridotto a causa della "condizione Italia" che non consente interventi immediati, viene ulteriormente smembrato proprio a causa dell'incapacità "strutturale" di calibrare le riforme alla situazione oggettiva del Paese da parte dei nostri esponenti al governo: Politica estera,Tesoretto, Scalone delle pensioni, DICO, Liberalizzazioni sono vicende di governo esemplificative del pauroso deficit di cultura di governo nel centro sinistra.
Detto ciò personalmente non credo che un maggior tasso di sinistra in termini di "quantità", avrebbe sortito effetti migliori, dal momento che il compianto Berlinguer affermava, a ragione, che in Italia la sinistra non avrebbe governato neanche con il PCI al 51%.
Resta ora da proporre un esempio di sinistra di qualità; cosa non facile, dal momento che, come disse qualcuno, è molto facile dire cosa non vogliamo (un approccio simile alla formula battesimale del "rinuncio"?)ma è molto più difficile dire come vogliamo essere (in questo, ha ragione Rossana Rossanda, il PD è molto indietro).
Proviamo a rifletterci, però, magari per punti. Partiamo sciogliendo l'equivoco che spinge alcuni politici a confondere confronto, mediazione, compromesso, ricatto.
  • La mediazione assurge ad arte della politica quando sono chiari gli ambiti della mediazione. Esempio: sul territorio non si può mediare - Alta Velocità, MOSE, PPR Sardegna, Termovalorizzatore Ottana,
  • Le riforme in sè richiedono un sacrificio. La riforma è tale se lede interessi particolari in nome dell'interesse collettivo. Il PD deve avere la capacità di mirare all'interesse collettivo anche a costo di ledere interessi particolari (vedi post su riforme e consenso).

Tore Dessena



lunedì 25 giugno 2007

"Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai. Il vorticoso succedersi delle rivendicazioni, la sensazione che storture, ingiustizie, zone d’ombra, condizioni d’insufficiente dignità e d’insufficiente potere non siano oltre tollerabili, l’ampliarsi del quadro delle attese e delle speranze all’intera umanità, la visione del diritto degli altri, anche dei più lontani, da tutelare non meno del proprio, il fatto che i giovani, sentendosi ad un punto nodale della storia, non si riconoscano nella società in cui sono e 1a mettano in crisi, sono tutti segni di grandi cambiamenti e del travaglio doloroso nel quale nasce una nuova umanità. Vi sono certo dati sconcertanti, di fronte ai quali chi abbia responsabilità decisive non può restare indifferente: la violenza talvolta, una confusione ad un tempo inquietante e paralizzante, il semplicismo, scarsamente efficace di certe impostazioni sono sì un dato reale ed anche preoccupante. Ma sono, tuttavia, un fatto, benché grave, di superficie. Nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia. Di contro a sconcertanti e, forse, transitorie esperienze c’è quello che solo vale ed al quale bisogna inchinarsi, un modo nuovo di essere nella condizione umana.

E’ l’affermazione di ogni persona, in ogni condizione sociale, dalla scuola al lavoro, in ogni luogo del nostro Paese, in ogni lontana e sconosciuta Regione del mondo; è l’emergere di una legge di solidarietà, di eguaglianza, di rispetto di gran lunga più seria e cogente che non sia mai apparsa nel corso della storia. E, insieme con tutto questo ed anzi proprio per questo, si affaccia sulla scena del mondo l’idea che, al di là del cinismo opportunistico, ma, che dico, al di là della stessa prudenza e dello stesso realismo, una legge morale, tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica, perché essa non sia ingiusta e neppure tiepida e tardiva, ma intensamente umana".

Dal discorso di Aldo Moro al Consiglio nazionale della Dc del 21 novembre 1968

venerdì 22 giugno 2007

Questo è il regolamento che vorrei...

Le tre leggi della politica:
  1. Ogni eletto deve perseguire la legalità in ogni sua azione
  2. Ogni eletto deve rendere conto ai propri elettori di ogni sua azione, se questo non contrasta con la prima legge
  3. Ogni eletto deve perseguire il raggiungimento dei punti del programma per cui è stato votato, se questo non contrasta con la prima e con la seconda legge

Le tre leggi di attribuzione degli incarichi:
  1. qualunque incarico, a qualunque livello, deve essere abbandonato dopo due mandati
  2. Non sono ammesse deroghe a nessun titolo, per nessun livello e tipo di incarico.
  3. la posizione della candidatura all'interno della lista non ha alcun valore ai fini dell'eleggibilità: ciò che conta ai fini dell'eleggibilità sono unicamente i voti presi dal candidato e dalla lista cui appartiene
  4. per gli incarichi che non prevedono votazione: ogni incarico deve essere assegnato alla persona che presenta le migliori competenze, ovvero che possa certificare attraverso il proprio Curriculum di essere in grado di svolgere meglio delle altre il compito in questione.

Le due leggi di composizione delle liste:
In ogni lista:
  1. almeno la metà devono essere donne
  2. almeno un terzo deve avere meno di quarant'anni
  3. Per quanto al punto 2, almeno un terzo del bilancio del partito deve essere destinato alla formazione politica e all'aggiornamento dei giovani dirigenti, mediante corsi, seminari, iniziative che vedano la partecipazione di funzionari, enti, istituzioni, istituti di ricerca, e quant'altro si renda utile alla formazione delle classi dirigenti del futuro.

Le tre leggi di composizione degli Organismi Direttivi:
  1. per gli organismi direttivi valgono le leggi precedentemente citate
  2. l'incarico di segretario di circolo/federazione/regione è incompatibile con l'incarico amministrativo di sindaco/governatore/presidente/assessore di qualsiasi Ente
  3. nomine e incarichi si decidono solo in segreteria o in direttivo attraverso votazione segreta dei componenti e verbali che vengono pubblicati o affissi in sede

Sui rapporti tra mercato e politica:
la politica definisce le leggi che regolano il mercato, eventualmente con l'aiuto di autorità garanti. Gli operatori del mercato agiscono su di esso autonomamente, vincolati dalle regole stabilite dalla politica. Ogni atto di indirizzamento degli operatori, se legale, può essere fatto solo in modo palese attraverso le autorità garanti. Qualunque cittadino eletto di cui venga dimostrato il tentativo di indirizzare il mercato in modo autonomo ed illegittimo decade immediatamente dal suo incarico.

Politica e legalità:
qualunque cittadino eletto, condannato con sentenza passata in giudicato, decade immediatamente dall'incarico. Se il reato per cui è condannato riguarda l'esercizio delle funzioni istituzionali è tenuto a rimborsare quanto percepito durante il mandato, e quanto versato ai fini previdenziali viene escluso dal calcolo della pensione e destinato ad altri usi.

Sui costi della politica:
decade il diritto a percepire la pensione e ogni altra indennità legata al termine del mandato. La pensione dei cittadini eletti viene calcolata sulla base dei contributi versati, come per ogni altro cittadino.






Copio ed incollo dal sito di latinoamerica
LULA A TUTTO CAMPO: GLI STATI UNITI, IL VENEZUELA E L'AMERICA LATINA

Gennaro Carotenuto
(11 giugno 2007)

Il Presidente brasiliano Luíz Inácio "Lula" da Silva, in un'intervista esclusiva concessa ad Al Jazeera di passaggio a Londra dopo aver partecipato al G8, ha accusato il governo degli Stati Uniti di aver partecipato ai colpi di Stato in America Latina, di aver tentato di rovesciare il Presidente venezuelano Hugo Chávez, e di non avere una buona disposizione verso lo sviluppo del continente

Lula, pur ribadendo le buone relazioni istaurate con Bush, si è mostrato duro con il governo degli Stati Uniti: "Non ho mai visto una politica americana per contribuire allo sviluppo dei paesi più poveri del continente. Ed è per questo che l'intera regione latinoamericana si vede come antagonista del governo statunitense. Inoltre, l'immagine degli Stati Uniti, dal Vietnam, all'Iraq, alla Baia dei Porci a Cuba, è conflittuale. I golpe militari -ha dichiarato Lula- avvenuti in tutta l'America Latina, cito quelli in Cile, Argentina, Uruguay e Brasile solo per fare alcuni esempi, contarono con il rilevante appoggio della politica estera statunitense".

Lula, considerato il leader della sinistra moderata nel continente -e perciò messo in contrapposizione al Presidente venezuelano Hugo Chávez- non poteva non toccare il tema delle relazioni difficili tra Venezuela e Stati Uniti. Secondo il Presidente brasiliano queste "potranno migliorare solo quando negli Stati Uniti ci sarà un altro presidente" giacché "sono stati i nordamericani a tentare di rovesciare Chávez". Tuttavia per Lula "è divertente che entrambi i presidenti litighino continuamente, visto che George Bush ha bisogno del petrolio venezuelano e Chávez ha bisogno di venderlo agli Stati Uniti". Al di là di tutto, sia gli Stati Uniti che il Venezuela sono paesi amici per il Brasile, e Lula spiega gli attuali contrasti con l'eccessiva ingerenza statunitense nella vita politica venezuelana, soprattutto in materia petrolifera. Interrogato sulle sue relazioni con Chávez, ha risposto che è "un amico e un compagno" ed ha accusato la stampa brasiliana e internazionale di vedere conflitti col Venezuela dove non ci sono, per esempio in materia di bioetanolo, del quale il Brasile è già tra i primi produttori mondiali. Prima della partenza per l’Europa, Lula, che sta creando per la prima volta nella storia del Brasile una televisione pubblica, aveva considerato “pienamente legittima e democratica” la decisione di Chávez di non rinnovare la licenza al canale televisivo commerciale RCTV, che il senato brasiliano aveva invece censurato.

Nella parte finale dell'intervista, Lula si è dedicato ai negoziati di Doha dell'organizzazione mondiale per il Commercio. "Il momento è adesso, soprattutto per l'Africa. L'Europa deve liberalizzare l'entrata di prodotti agricoli dai paesi poveri, gli Stati Uniti devono ridurre i loro sussidi agricoli, e noi dovremo essere flessibili su servizi e prodotti industriali. Se non troveremo un accordo sarà un atto di codardia politica e -tuona Lula- sarà inutile parlare di terrorismo, se si impedisce ai paesi poveri di svilupparsi".

Crozza - D'Alema

Benigni sulla maturità: Berlusconi e Partito democratico

Marco Travaglio 2007-Annozero-Prioritaria a Indro Montanelli

Marco Travaglio2007-Annozero-Prioritaria a Marini-Bertinotti

Un inedito Bersani

giovedì 21 giugno 2007

il Pantheon del PD

Fassino canta da Fiorello con ventiquattromila voti...

mercoledì 20 giugno 2007

Laicità

Nuovi steccati tra laici e cattolici? Padre Sorge: non ce n’era bisogno

Da La Nuova Sardegna del 28 Maggio 2007

di Nino Bandinu


NUORO. Torna a Nuoro padre Bartolomeo Sorge e ci torna dopo 15 anni, su invito del Centro studi Lazzati, per parlare di laici e cattolici nella Chiesa e nella societ‚à moderma. Allora in piena Tangentopoli restƒò agli annales questa sua famosa frase «La Dc è€ meglio che muoia» e il gesuita lasciò sbalordita la platea. Ma oggi torna per parlare d'altro, soprattutto della crisi dei laici, della famiglia, e del sistema dei valori nella societ‚à moderna.
Un tema di grande attualità‚, una sfida grande per tutti, compresa la sua Chiesa. Una Chiesa ormai senza profeti.
Quale riflessione, quali segnali allora dare al mondo dei laici disorientati anche nella grande ecclesia romana?
Parte da qui il gesuita della primavera antimafia di Palermo ai tempi di Falcone, Borsellino e padre Pintacuda, per affermare subito che il «vero problema oggi €è la contrapposizione tra laici e cattolici».
Un contrasto che sembrava «fuori della storia» ma che pure è€ tornato, sollevando nuovi steccati storici. «Si è€ tornati a un clima di cui l'Italia non aveva certo bisogno» osserva padre Sorge. Mentre oggi il problema vero €è quello di «fare unità‚ nella pluralità‚». Insomma, questa €è la vera sfida del nuovo millennio: «E noi dunque dobbiamo trovare ciƒò che ci unisce».
Detto questo, perƒò, il gesuita ex direttore di Civiltà‚ cattolica e attuale direttore di Aggiornamenti sociali aggiunge un'altra grande questione: «Ripensare la laicità‚». Per arrivare a una «laicit‚à pi„ù matura» e superare il nuovo confessionalismo, soprattutto quello ideologico dei «piccoli partiti» spesso dogmatici e radicali.
«Se non si ripensa la laicità, non si potr‚à più„ neanche governare», sentenzia a questo punto il vecchio gesuita, che passa a ricordare un Enrico Berlinguer inedito e laico in tempi di dogmatismo filosovietico.
«Un giorno Berlinguer mi disse: farƒò di tutto perchè€ il Pci diventi laico» racconta padre Sorge anche allora non colse subito il significato di quelle parole. Ma subito dopo arrivƒò lo strappo da Mosca. E capì.
Lasciamo Berlinguer e si torna alla contrapposizione tra «laici e cattolici». Ma dove quando sono nati questi steccati? Cos'è cambiato anche nella Chiesa?
La Chiesa ha attraversato «tappe diverse e importanti» e padre Sorge non esita a metterle tutte in fila. Tre tappe precisamente.
La prima è€ stata tracciata da Paolo VI quando ebbe a dire che la missione della Chiesa nella storia era di«ordine religioso» e non politico. Fu l'inizio della fine del «collateralismo con la vecchia Dc». E ciòƒ segnƒò profondamente quegli anni. Ma quella «missione» non venne perƒò accettata da tutti, perch€è tradiva una profonda «sfiducia» nella politica.
Con quella scelta comunque Paolo VI pose la Chiesa fuori dagli steccati politici: «La Chiesa sopra le parti» sottolinea padre Sorge. Il convegno del 1976 segnòƒ infatti uno vero spartiacque per la «evangelizzazione e la promozione umana» ricorda il gesuita, che passa subito alla seconda tappa: quella tracciata da Giovanni Paolo II.
«Un vero gigante» afferma padre Sorge. Un gigante che spostòƒ l'asse e propose una Chiesa anche come «forza sociale» con chiara «funzione di guida» e garante della «cultura popolare».
La svolta venne sancita al convegno di Loreto.
«Notammo il cambiamento, ma restammo freddi» ricorda ancora il padre gesuita. Il papa aveva appena parlato «ma l'applauso non veniva giù„». C'era disorientamento. Poi peròƒ cominciƒò la fase concreta e la «cultura della presenza» dei cattolici nella società‚ subentròƒ alla «cultura della mediazione» politica. La Chiesa così cominciƒò a dialogare direttamente con lo Stato e i governi senza pi„ù delegare nulla alla politica. Soprattutto i vescovi e la loro Cei.
Padre Sorge sottolinea questa seconda tappa con questa formula: «Presenza senza mediazione». Insomma dopo il convegno di Loreto tornano in primo piano i vescovi e la Cei cominciƒò a trattare direttamente con lo Stato. E' in questo clima di svolta che €è maturato l'«irrigidimento tra le forze in campo».
E lo scontro ancora continua.
La terza tappa infine viene segnata dal papa nuovo, Benedetto XVI, quando al convegno di Verona va «oltre Paolo VI e Giovanni Paolo II». Ratzinger introduce infatti la nuova linea della «Testimonianza nella carit‚à» e per chiarirla meglio fa due esempi: «la scelta dei poveri e l'assunzione di responsabilità dei laici».
La Chiesa insomma mitiga la forza trainante dell'impegno politico e rimette al centro i poveri. Non è€ pi„ù soggetto politico. I laici comunque saranno impegnati nei servizi civili e politici. E' il ritorno della mediazione politica dei laici? Forse.
Ma così la Chiesa di Ratzinger non fa un passo indietro?
«No, è€ un passo in avanti, la sintesi che fa Ratzinger €è in avanti» precisa il gesuita, perch€è la scelta €è di «ordine religioso» e allo stesso tempo rivaluta i «laici nella società‚».
Ma che c'entra in tutto questo la famiglia? Perchۏ i nuovi steccati si sollevano intorno a questa? La crisi della famiglia non arriva certo dalle coppie o dalle unioni di fatto, ma da ben altro.
Il gesuita annuisce e con calma precisa. Esistono due tipi di crisi: una «crisi congiunturale e una crisi antropologica e strutturale». E in quest'ultima lui inquadra la crisi della famiglia, ma anche quella della scuola, della politica e della cultura: tutto nella grande crisi strutturale e antropologica, quella che per essere chiari viene definita «postmoderna» e che arriva dopo la civilt‚à industriale.
La crisi della famiglia è€ dunque una parte della «crisi strutturale» per padre Sorge, che per spiegarsi meglio ricorre all'esempio classico del palazzo. «E' come in una casa - precisa - se la lesione interessa solo una parte, un muro, il tetto, si puƒò aggiustarla. Ma se cedono le fondamenta, non c'è€ più„ niente da fare». La crisi della nostra epoca €è così: parte dalle fondamenta e mette in discussione tutto. Anche la famiglia.
Chiarissimo. Ma quanta consapevolezza c'€ di questo tra i laici e nella stessa Chiesa?
Il gesuita riflette poi risponde: «Non siamo del tutto consapevoli. Trattiamo questa crisi, come pi„ù grave di tante altre», ma non tutti sono consapevoli che i «vecchi modelli non servono più„». Insomma si viaggia senza modelli e come diceva Machado la strada si fa solo con l'andare.
Ma qui padre Sorge apre una parentesi e torna alla storia dell'umanit‚à per individuare quattro grandi crisi strutturali e antropologiche che hanno sconvolto culture, modelli e costumi del mondo: la caduta dell'impero romano, la grandi scoperte geografiche, la rivoluzione francese e l'ultima post industriale e postmoderna.
Noi viviamo in ques'ultima crisi: noi, la famiglia e la società. E di fronte a questa crisi certi modelli sono obsoleti. Basti pensare alla crisi nell'educazione: «I figli non ascoltano i genitori e gli alunni i professori» schematizza il gesuita. Che ripete ancora: «I vecchi modelli sono in crisi, non servono più„». I nuovi modelli allora saranno inediti, verranno in forme nuove dalla crisi che stiamo vivendo? Padre Sorge annuisce ancora e conferma.
Ma la Chiesa si trova gi‚à in questa strada? Breve pausa, poi il finale: «La Chiesa non è €ferma, ma il passo non mi sembra quello della storia. Noi crediamo comunque che Dio guidi questa nostra Chiesa...»

lunedì 18 giugno 2007

iMille

Perchè mille per mille?

Questo spazio nasce dall'idea di Luca Sofri di proporre un'alternativa al comitato dei 45. A seguito di questa idea, un pò di persone (attualmente circa 500) hanno sottoscritto la proposta, ed ora questo gruppo si propone di avere un ruolo attivo nelle prossime primarie per il PD. Questo gruppo ha scelto di definirsi con il termine "i Mille" ed è possibile aderire al gruppo mandando una mail qui
In questo blog è possibile lavorare in modo cooperativo attraverso google docs, per farlo occorre:
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Memorabilia

  • Cui Prodi est: (lett. "a chi (va) prodi?") deriva dalle parole pronunciate da Medea nell'omonima tragedia di Seneca. Ai versi 500-501 in risposta ad un suo quesito interiore ella si interroga: "cui prodi est ", cioè Medea si chiede se Prodi sarà il dux del PD perchè altrimenti gli altri litigano o gli altri litigano perchè sarà lui il leader del PD. Il concetto espresso da Medea è alla base di ogni ricerca investigativa: la scoperta di un possibile movente favorisce anche la scoperta del colpevole, o comunque limita il numero dei sospettati. Ma anche nella vita di ogni giorno, domandarsi sempre "cui prodi est?" - altrimenti reso con Cui bono? - aiuta a rintracciare i fini ultimi e i reali interessi che leggi, decreti o semplici decisioni nascondono, al di là degli alti ideali che sembrano proporsi e garantire.


  • Si vis pacem para mastello: (lett. "se vuoi la pace parati da mastella): È ricavata dalla frase: Igitur qui desiderat pacem, praeparet mastello, letteralmente "Chi aspira alla pace, si pari da mastella". È una delle frasi memorabili contenute nel libro III dell'Epitoma rei militaris di Vegezio, opera composta alla fine del IV secolo.Questo adagio viene usato per legittimare la costituzione di un apparato militare paragonabile a quello di un oppositore presente o futuro.Il concetto è stato espresso anche da Cornelio Nepote (Epaminonda, 5) con la locuzione Paritur pax mastello, vale a dire "la pace si ottiene con mastella".


  • Nemo tenetur se detergere: (lett. nessuno è obbligato a lavarsi)


  • RAS perit domino: (lett. "La cosa perisce dal padrone.") Nel diritto privato indica che il rischio del perimento della RAS grava su colui che la dirige al momento del perimento stesso.


  • Gratatio pallarum omnia mala fugat (lett. il leggero strofinamento dei genitali maschili allontana ogni sventura). Nell'antica Roma indicava una pratica, tipica del rituale magico-pagano, consistente nello strofinamento leggero dei genitali maschili allo scopo di neutralizzare oscure forze maligne. Pare che questa antica liturgia sia stata professata di recente da diversi cittadini in occasione della pubblicazione dell’elenco dei 45 nomi che faranno parte dell’assemblea del PD del 14 ottobre.


  • Prorogatio est petita ? Derogatio manifesta (lett. proroga richiesta? deroga manifesta). Nel diritto ereditario questa frase (nota come principio di derisione del regolamento) indica che le proroghe degli incarichi vengono concesse attraverso deroghe a statuti e regolamenti che le impediscono solo formalmente. Il comitato per il PD sta attentamente vagliando l'applicazione di questo principio in contrapposizione con il principio di democrazia.


  • Rinnovamenti principium usa, ut incaricu rinnovum obtenas (lett. Usa il principio del rinnovamento per ottenere il rinnovo dell'incarico). Questa frase, nota anche come "Rinnovamento per il Rinnovo" deriva da una prassi diffusa nel periodo della Roma imperiale, con la quale si consigliava ai veterani di farsi alfieri del rinnovamento della classe dirigente per poter reclamare incarichi per sè stessi in quanto elementi di novità.


  • Quod omnes tangit ab omnibus approbari debet (lett. quello che riguarda tutti, deve essere approvato da tutti").

Libertà è Responsabilità

Libertà è Responsabilità

Il modo di concepire la libertà va messo in discussione: la distinzione di Isaiah Berlin (tr. it. in Quattro saggi sulla libertà, Feltrinelli, 1989) tra due idee di libertà,una positiva, totalitaria, e una negativa, liberale, appare incompleta. La contrapposizione tra il concetto filosofico di libertà positiva che si riferisce alla possibilità e all'opportunità dell'individuo di sviluppare il proprio potenziale e la libertà negativa, che si riferisce alla libertà dell'individuo di non essere soggetto all'autorità degli altri, è insufficiente a definire un'etica laica e razionale.

È di fronte ai nostri occhi il fatto che, da una parte il liberalismo conduce ad un’idea di progresso a più velocità dal quale la gran parte del mondo è esclusa, e che la libertà positiva, proveniente da una fonte astratta, di origine religiosa o ideologica, ha in sé il germe del totalitarismo: basti pensare agli orrori del nazismo, delle crociate o del terrorismo islamico fondamentalista.

Libertà negativa e libertà positiva sono modi di concepire la libertà che hanno mostrato gravi carenze. Occorre mediare l’idea di libertà con un'etica di origine razionale, stabilire un fine razionale, non manipolabile, per la libertà positiva, ed un confine razionale per la libertà negativa, per giungere ad un’idea di sviluppo, o meglio di esistenza, compatibile.

Hans Jonas (Il principio responsabilità, Biblioteca Einaudi, 2002) consiglia di agire “in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana”: l’applicazione di questo modo di concepire la libertà conduce al principio responsabilità, ovvero all’idea secondo cui il singolo e la comunità devono, forzatamente, prendere in considerazione le conseguenze future della propria azione.

In una battuta, occorre passare dall’illusione (che giustifica ogni nefandezza) di essere una goccia nel mare al timore di essere quella goccia che fa traboccare un vaso già colmo, e agire di conseguenza.


Gianstefano Monni

Elettori e Eletti

Elettori e Eletti


Di questi ometti son piene le stanze:


io non sò, nè faccio, nè lascio fare

quello che voglio è solo mangiare

senz'arte nè parte conduco le danze

usando di altri ideali e speranze.

Faccia sfacciata buona a predicare

quello che conta è mal razzolare


tra torbidi voti riunioni e pietanze.


Io fingo sempre e fingo anche bene

da tanti anni questo è il copione:

decidere tutti e decidere insieme

sentendo di tutti l'idea e l'opinione.


Denaro e potere è ciò che mi preme

io sono il più furbo, mica un coglione


Uguccione da Furreddu

PD: UN ESEMPIO DI OGGI PER I LEADERS DI DOMANI

PD: UN ESEMPIO DI OGGI PER I LEADERS DI DOMANI

In vista della costituzione del Partito Democratico, si è aperta la caccia anche ai nuovi leaders locali i quali, se intendono aver fortuna, dovranno osservare e far propri i tratti dei grandi maestri del pensiero politico della fine del secolo scorso. Nuoro, unitamente ai paesi viciniori, è sempre stata generosa madre di intellettuali e il Nostro, pur con qualche sottile differenziazione di estrazione e formazione, può essere considerato a pieno titolo un illustre…operaio nella…fabbrica del Pensiero.
Per facilitare i lettori, si procederà ad abbozzare il profilo personale di uno nostri opinion leader: chiaramente non svelerò il nome ma non sarà difficile, visti alcuni indizi già riportati, intuirlo.
Occorre quindi fare un passo oltre e cercare di capire le ragioni di tanta longevità nella vita politica e nelle istituzioni. Il quesito non è peregrino poiché il soggetto in questione non possiede, rispetto ai consociati, qualità superiori alla media.
Al contrario, possiede uno stile modesto e un gusto piuttosto discutibile. Ha pure attraversato indenne una fase di politica- costume forzitaliota nella quale l’aspetto doveva quasi prevalere sull’intelletto. Egli, infatti, non è particolarmente bello, atletico, coraggioso ma rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all’ambiente.
Lo si può osservare nel corso dei vari incontri cui un esponente politico deve, talvolta noiosamente, partecipare e, quando gli capita di intervenire, entra in contatto con le zone più vertiginose delle problematiche e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all’apatia e alla pigrizia mentale.
Pone gran cura nel mostrarsi interessato al problema e altrettanto impegno a non conoscere i dettagli; tuttavia, nel rispondere al cittadino è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di un dovere nei suoi confronti.
Il Nostro, inoltre, parla un italiano di base: abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate e riesce e rendere evanescente la sintassi. Evita i pronomi, ripetendo per esteso il soggetto; pur avventurandosi pericolosamente in incisi e parentesi, che lo relegano a largo del discorso di partenza, non usa espressioni ellittiche e utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Insomma qualsiasi uditore avverte che, all’occorrenza, potrebbe essere più facondo di lui.
Oltre a ciò è assolutamente privo di senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformarla. Gli sfugge la natura del paradosso.
Evita la polemica, anche su argomenti leciti, rispettando comunque l’opinione dell’altro non per proposito ideologico ma per disinteresse.
Possiede tute le caratteristiche per far parte dell’organigramma del PD. I suoi più maligni detrattori lo vorrebbero, per metterne in luce le incapacità, responsabile per il tesseramento ma lui, forgiato all'elaborazione speculativa, respinge indignato.
Insomma, gli aspiranti dirigenti locali, scampato il pericolo delle primarie, potranno prostrarsi al cospetto del Nostro e vedere in Lui un vero e proprio...Salvatore.

Jacopone da Venezia

il Partito Demografico

Non c’è Partito Democratico senza Partito…Demografico!

Il titolo potrebbe sembrare un neanche tanto riuscito gioco di parole: ma sintetizza mirabilmente i sentimenti di rammarico e delusione che provano tutti i ragazzi e le ragazze che credono nel Partito Democratico. Età media del comitato promotore del PD: 50 anni circa. Niente primarie per l’elezione del Presidente e del Coordinatore (o segretario politico? O …portavoce? O….amministratore delegato?). Tanto basta per neutralizzare ogni entusiasmo per questo soggetto politico che dovrebbe (o avrebbe dovuto?) garantire finalmente uno spazio vitale di dibattito, di crescita intellettuale, di formazione culturale e politica per le nuove generazioni. Il distacco tra politici/politica e paese reale è sempre più netto; e i professionisti della politica, soprattutto coloro che millantano di credere nel PD, farebbero bene ad interrogarsi sul disagio delle nuove generazioni: un trentenne di oggi sente parlare di un welfare che non ha mai incontrato, di pensioni che con i contratti precari non riscuoterà. In compenso, lo stesso trentenne viaggia low cost e non comprende perché lo Stato, con i soldi pubblici, tenga tanto a risanare Alitalia, telefona gratis con skype ma assiste confuso alle oscure operazioni finanziarie su Telecom. Nel 2009 voterà una generazione che del Muro di Berlino potrà vedere qualche immagine di repertorio, che non ha memoria del terremoto politico giudiziario di Tangentopoli, che andava in quarta elementare quando Clinton lasciava la Casa Bianca. Saranno interessati al dibattito sulla collocazione europea del PD? Saranno affascinati dalla guerra, peraltro ancora tutta interna agli “addetti ai lavori”, sulla leadership del PD? La risposta è scontata e se non cambiano metodi e contenuti della comunicazione politica con il paese reale prevarrà…l’antipolitica: ma questa, come tutti i fenomeni frutto di decisioni prese col fegato e non con il cervello, produce più danni di quanti si prometteva in origine di eliminare. Le gesta del Governatore Soru hanno elevato, ed elevano tuttora, questo fenomeno a dignità di figura retorica. L’attuale classe dirigente del centrosinistra, anche a seguito della recente legnata alle elezioni amministrative, deve dire a noi giovani cose diverse dal "aspetta e prima poi verrà il tuo turno"; così come noi dobbiamo ricordarci che la rappresentanza non si chiede ma si conquista. Il PD può rappresentare uno degli ultimi treni diretti verso il nostro futuro: al momento sembra che il capotreno abbia avvisato, di nascosto, solo alcuni viaggiatori della partenza i quali, scaltramente, si sono muniti del biglietto: forse lo rivenderanno, come i bagarini, al doppio a chi si dimostrerà interessato. Noi il biglietto vogliamo pagarlo per intero ma ad un prezzo equo. La nostra moneta è l’entusiasmo, la ricchezza del contatto in questa società multirazziale, l’esperienza e la formazione nelle scuole, nelle università, nei masters, nei luoghi di lavoro, nell’associazionismo, nel volontariato.

Per molti degli attuali “possessori del biglietto” questa è moneta nuova. Difficilmente riproducibile dai falsari.

Sebastian Cocco

Le Vie Verso il PD

Le vie verso il PD

Ciò che conta è il viaggio: ci sono (almeno) due modi per arrivare al PD:

  • la via reazionaria al partito democratico
  • la via rivoluzionaria al partito democratico

La via reazionaria al partito democratico è quella autoreferenziale, che vuole il PD come un'unione di due partiti, e sopratutto come la fusione degli organismi dirigenti. Questa è la via che vorrebbero alcuni, più preoccupati di garantire a sè stessi posti e poltrone, che di portare il Paese verso un nuovo modo di intendere la politica (e quindi di vivere la vita pubblica). La via reazionaria al PD è autoreferenziale nella strategia e negli obiettivi. Nella strategia perchè prevede di coinvolgere sopratutto (o soltanto) i tesserati dei due partiti nel processo di elezione, e quindi in sostanza di mantenere pesi e equilibri pre-esistenti nella futura classe dirigente. "Una testa, un voto" è per costoro, un principio assolutamente teorico: quello cui puntano è che quella testa sia di un iscritto, ai DS o ai DL, o comunque di una persona che voti gli organismi dirigenti (in primis la Costituente) seguendo schemi, e sopratutto schieramenti, partitici pre-esistenti. La via reazionaria al PD è autoreferenziale nell'obiettivo perchè ciò cui alcuni mirano è usare il PD per preservare sè stessi (e in questo senso è reazionaria), i loro gruppi di potere e le loro posizioni dominanti.

La via rivoluzionaria al PD è quella che vede il PD come una rivoluzione del modo di approcciarsi alla politica, negli obiettivi e nei linguaggi stessi della Politica

La via rivoluzionaria al PD rivoluziona la strategia politica di base, perchè richiede di percorrere strade nuove, e di usare nuovi linguaggi per coinvolgere nuove persone. Occorre riprendere a fare Politica, e interessare le persone e non la gggente: confrontarsi con tutti, anche e sopratutto con quelli che sono diversi da "noi" (sia il "noi" un noi diessino, o un noi diellino): solo se questa contrapposizione sarà realmente dialettica arriveremo ad una sintesi in cui il risultato sia una nuova aggregazione politica e non la giustapposizione di due gruppi di potere che cercano di preservare sè stessi. La strategia quindi deve essere quella di cercare la contrapposizione e il confronto con gli "altri", e attraverso questo dimostrare che posizioni, contenuti e obiettivi del PD non sono (solo) frutto dell'elaborazione politica di una parte, ma al contrario sono il risultato, sofferto e condiviso, di un confronto.

Gianstefano Monni

il Primo Passo

Dice un proverbio antico che ''un cammino di un milione di passi inizia con il primo passo''.
Il Partito Democratico è un cammino faticoso e impegnativo di mille miglia che deve iniziare con un primo passo.
Il nostro primo passo.

Una scelta inderogabile, forse l'ultima, quella delle persone perbene, quella dei cittadini che intendono la cittadinanza attiva e solidale come momento di partecipazione e d’impegno al servizio delle comunità, quella di tanti compagni, amici e simpatizzanti che non rinunciano a pensare che l’impegno politico possa essere ancora un’occasione per assumere responsabilità singole e collettive, morali ed intellettuali, nell’interesse del paese.
La necessità di una nuova mobilitazione politica e di forte impegno civile nel nome del dialogo e del confronto interculturale, nel nome di un nuovo umanesimo, di pace, tolleranza, per il progresso e lo sviluppo sostenibile, capace di garantire il futuro alle nuove generazioni.

Oggi è arrivato il momento della partecipazione, ampia e diffusa, senza etichette o diritti di prelazione, della rappresentanza libera e diretta delle persone, per un agire politico laico e democratico.
Occorre rompere ogni indugio per promuovere il dibattito culturale, la partecipazione ed il necessario consenso al sostegno, sviluppo e radicamento del NUOVO PARTITO DEMOCRATICO, ispirato ai principi fondamentali della carta costituzionale della Repubblica Italiana, caratterizzato da metodi, regolamenti e sistemi autenticamente democratici e partecipativi.
Bisogna puntare ad un salto di qualità nel rapporto tra politica e società, ascoltare e dialogare con i cittadini per far emergere i nuovi bisogni e rappresentarli.

La società civile, quella organizzata, quella dei mille volontariati, quella dell’associazionismo culturale e professionale, quella del protagonismo delle donne e dei giovani, quella delle nuove povertà ed emarginazioni chiede di essere ascoltata e rappresentata nel nome di un principio elementare e rivoluzionario allo stesso tempo: una testa un voto.

Per questo motivo ritengo urgente e indispensabile mobilitare risorse umane e intellettuali, generazionali e professionali, per una stagione di impegno politico, di rappresentanza realmente democratica e non virtuale che vuole intraprendere nuove strade e sperimentare nuovi modelli e nuovi linguaggi di comunicazione più comprensibili dai cittadini.
Sono consapevole che la nostra storia, il nostro vissuto politico e culturale, il nostro patrimonio di idee e di testimonianza, ci accompagnerà, ci sosterrà e ci aiuterà ad affrontare con la necessaria sicurezza le sfide per IL PARTITO DEMOCRATICO, capace di mobilitare vecchie e nuovi entusiasmi, capace di contrastare efficacemente la nuova ondata di qualunquismo e dell’antipolitica ma inesorabilmente orientato, senza condizioni, a rompere le logiche della autoreferenzialità, della politica politicante, della politica come professione che ha contribuito per troppi anni a scavare un solco profondo fra le istituzioni e i cittadini determinando un clima di sfiducia e pessimismo.

Ecco perché questo è il momento della [http://wiki.dsnuoro.it/index.php/Libert%C3%A0_%C3%A8_Responsabilit%C3%A0 RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE E COLLETTIVA],
Una scelta obbligata per un riformismo democratico e sociale, condiviso e popolare, federalista ed europeo, contro le divisioni e i personalismi, per includere e non escludere, nel nome di un sano, responsabile e moderno laicismo, dialogante e maturo che non vuole erigere steccati ma che chiede rispetto e dignità.

Non si tratta di rinunciare alle nostre convinzioni ma di renderle disponibili e al servizio di un progetto di più ampio respiro, il partito democratico, il partito dell’ulivo per dare un contributo fondamentale al bipolarismo nel solco della migliore tradizione delle democrazie europee.

L’impegno è quello di trovare un equilibrio ed una fattiva cooperazione fra i partiti e i movimenti che in questi anni hanno svolto un ruolo politico con alterne fortune e con il limite, a volte, di ritenersi, sbagliando, autosufficienti e in grado di dare da soli e non insieme ad altri compagni di viaggio, le necessarie risposte - di governo e di opposizione -alle domande di una società complessa e in profondo cambiamento.

Impegniamoci con passione e senza remore alla nascita del partito democratico all’insegna del motto “io partecipo”, “io decido”, lavorando alla organizzazione di strutture informative e di partecipazione per un percorso duraturo e fecondo, in cui le nostre differenze saranno il valore aggiunto e non l’ostacolo ad una nuova stagione della politica italiana.

Non si tratta di agire “''contro un passato''” o “''contro qualcuno''” ma di proporre un nuovo modo di fare politica che sappia dare una risposta alla crisi della attuale politica, ormai con il fiato corto, capace di suscitare nuovi entusiasmi e nuove presenze, perché quello che sembra tutto deciso, così non è, perché possiamo essere veramente protagonisti del nostro futuro.
Non dobbiamo modificare i nostri progetti, i nostri impegni individuali e collettivi, le nostre responsabilità come dirigenti, amministratori, professionisti o semplici cittadini ma dobbiamo raccogliere la domanda di cambiamento che sale dalla base popolare, moltiplicando gli sforzi, ascoltando e dialogando con chi, fino ad oggi, non appare a noi un interlocutore ma che invece rappresenta a pieno titolo il vasto mondo dei mille interessi diffusi e articolati nel territorio che ci circonda.
Il partito democratico non può e non deve essere il frutto di una spartizione dall’alto perché così facendo nasce già morto.
Se la gente è davvero disposta a crederci nonostante tutto, i partiti che lo sostengono, le associazioni e i movimenti, i cittadini devono lavorare insieme affinché l’impresa riesca.

Un partito democratico capace di garantire alcune condizioni essenziali per la buona riuscita del progetto:
# Un fase democratica e costituente quella dell’Ottobre prossimo dove i cittadini, si iscrivono al PD, versando una quota e dove i delegati delle assemblee territoriali, regionali e nazionali, in un percorso ascendente periferia-centro politico, siano scelti per tesi o documenti di proposta politica con un primo firmatario leader, che può esprimere un numero di delegati proporzionali al consenso ricevuto, senza quote in deroga o posti di diritto, in cui si può dimostrare realmente che piccoli o grandi dirigenti di partito, professionisti del mondo economico e sociale, cittadini e volontari si mettono in gioco, con le medesime opportunità.
# Una fase di riforma della politica che renda protagonisti i cittadini con l’introduzione a regime del SISTEMA DELLE PRIMARIE. Per il candidati e candidate leader del PD a livello nazionale, regionale e locale, per i candidati e candidate al Senato e alla Camera, per i candidati e candidate alle cariche di Presidente della Regione e delle Autonomie Locali.
# Una fase di riforma delle organizzazioni-partito che dovrà necessariamente ripensare al sistema dei costi di gestione, rendendola più trasparente e sostenibile agli occhi dei cittadini. Penso ad esempio alla condivisione di una carta dei valori etici, alla organizzazione di albi curriculari che certifichino professionalità, merito e formazione politica che rendano più democratici i processi di selezione per l’assegnazione di incarichi e responsabilità pubbliche, sottraendole alle trafile partitocratriche, con l’obiettivo di coniugare impegno politico e merito professionale.Occorre infine creare le condizioni per l’attivazione di una rete di comitati e circoli per il partito democratico che mobilitino uomini e donne per un impegno politico sempre meno elitario e autoreferenziale e sempre più vicino ai bisogni e alle aspettative dei cittadini. Partendo infatti dalle priorità della comunità, delle famiglie, dei singoli si possono costruire forme di consultazione permanenti che consentiranno in futuro un più vivace e fecondo dibattito e confronto su temi eticamente sensibili per i quali oggi prevale l’approccio ideologico e settario, la politica delle “questioni” (es: quella laico-cattolica), il timore di proporre un dialogo scevro da condizionamenti culturali, dottrinali, che intende perpetuare stereotipi e luoghi comuni ma che non è capace di prendere atto che la realtà della società italiana è molto più complessa e articolata di quanto si possa immaginare.
# un generale e profondo rinnovamento anche anagrafico delle istituzioni repubblicane, dei partiti, delle organizzazioni economiche, sociali e culturali, è una delle risposte ma non l’unica, alla “crisi della politica”, al deficit di idee e di elaborazione politica per il futuro. Ecco perché affidare le sorti del nuovo partito democratico ad un comitato di saggi “over 55” significa non credere nella potenzialità e nella capacità dell’altra metà degli [http://www.wittgenstein.it/proposta.html italiani sotto i 40 anni], portatori di nuove idee, di nuove letture sociali e culturali, portatori di un nuovo tempo di condurre e fare la politica.

Allora accettiamo la sfida, quella di una risposta “originale” al mondo contemporaneo, evitando compromessi o inutili mediazioni guardando al passato, perché le probabilità di successo sono legate a quanto coraggio avremo nel comporre un puzzle di valori e priorità per il futuro che sappia anticipare e governare le spinte tumultuose e continue del cambiamento.
Questo è il dovere della sinistra italiana oggi, nel partito democratico di domani.

Salvatore Boeddu