venerdì 14 dicembre 2007

martedì 23 ottobre 2007


Da l'Unità


È stato un Parto Difficile, ma alla fine il Pupo Dorato è nato. Il Padre decretato, di nome Walter, è stato eletto dal voto di centinaia di migliaia di Poveri Disoccupati, di Popolani Distinti, di Piccole Donne, di Potenti Dinastie, di Poteri Deboli. È atteso per il Primo Discorso al suo Primo Debutto. La gestazione era stata ostacolata da Parecchi Dissidi, fra cui l'abbondanza di Padri Dichiarati e scarsità di mamme, cioè Poche Donne. Verso il quinto mese, Parecchi Dissidenti, fra cui Pannella Distributore e il Plebeo Dipietro, hanno provato a insidiare il ruolo del Padre Destinato. Poi, anche se con non Poco Disagio e con Parecchi Distinguo, la gravidanza è stata portata avanti con un amletico dubbio: PDemocristiani o PDiesse? Comunque, pare che il Pupo D'Oro sarà strutturato su base regionale. Intanto si spera che sia Profondamente (o almeno), Possibilmente Diverso e tale da ridare speranza ad un Popolo Demotivato. Per Docenza non parlo dei tentativi di Parto Destroide e Pescivendola Discinta: Poca Democrazia! Dopo i Ponderosi Danni provocati come Primo Distruttore, andrebbe additato al Pubblico Disprezzo, insieme al suo Partito Dipendente ma tant'è... agli italiani, diciamocelo, piace Prenderlo Dietro.

lunedì 3 settembre 2007

Il ritratto di Sorian Gray
sul doppio Soru, il metodo Ottana è l'incenerimento della democrazia

Oggi (ieri per chi legge) si è tenuta presso la sala mensa dell' Enichem di Ottana una riunione sull'inceneritore: i lavori sono iniziati alle 17:00 e sono terminati alle 21:30. In questa
riunione ci sarebbe dovuto essere l'atteso confronto tra tecnici RAS da una parte e tecnici del comitato contro l'inceneritore dall'altra. L' incontro di oggi, infatti, era stato organizzato prendendo accordi direttamente con il segretario particolare del Governatore Soru con il quale si è concordata la data, e la presenza di tecnici delle due parti. Chi scrive si è recato a Ottana con la speranza di poter assistere ad un contraddittorio sul merito tecnico delle scelte che hanno portato la Giunta Regionale a decidere di fare l'inceneritore. Questo articolo, quindi, avrebbe dovuto contenere un resoconto delle differenti posizioni tecniche. Ma poiché i tecnici della RAS erano impossibilitati a presenziare all'incontro quest'articolo non potrà parlare del contraddittorio tecnico.

Quest'articolo non racconterà neanche degli ottimi interventi del Prof. Paul Connett, venuto appositamente da New York City per raccontarci la sua strategia Rifiuti Zero, e del dott. Vincenzo Migaleddu: il contenuto di tali interventi è stato infatti già riportato nei precedenti articoli pubblicati dall' Altravoce sullo stesso argomento.

Preferisco non parlare dell'atteggiamento poco incline al dialogo dell'Assessore Morittu, e non vi racconterò neanche dell'intervento dell'Assessore Dirindin in cui ha affermato che per
l'impianto di Ottana si procederà alla redazione di un VIS (Valutazione Impatto Sanitario).

E allora... di cosa parlare?

Rimangono da raccontare due o tre cose che riguardano l'incenerimento della democrazia, il Soru governatore, il Soru candidato alla segreteria del Pd regionale. Il Soru candidato alla segreteria del PD, durante l'incontro tenutosi qualche giorno fa a Nuoro, ha stabilito come suo metodo di azione politica le primarie, “che devono essere applicate ad ogni livello”. Più o meno la stessa cosa, il Soru Governatore l'ha detta, e ribadita, in tutte e due le riunioni tenutesi a Ottana: continua infatti a dire che la scelta dell'inceneritore si farà solo con il consenso della popolazione.

Ottimo.

Ma come Mariangela Barca, componente del comitato contro l'inceneritore, ha fatto giustamente notare nel suo intervento (il più lucido di tutta la serata) se Soru crede davvero a quello che dice occorre azzerare tutta la procedura che si è seguita finora, coinvolgere le popolazioni nella scelta prima di fare la scelta stessa. Che senso ha parlare di coinvolgimento delle popolazioni interessate se le scelte sono già state compiute? Mi rivolgo a Lei signor Governatore, e a te Compagno Candidato (Segretario), con tutto il rispetto per la persona, per la carica e per il partito, chi pensate di prendere in giro? Parlate di partecipazione democratica, dite di voler coinvolgere le popolazioni, volete addirittura adottare le primarie come metodo. Tutti ottimi intenti. Per metterli in pratica prima scegliete la sede di Ottana nel piano energetico regionale, poi scrivete le linee guida per l'impianto, fate la gara per il progetto, individuate il vincitore, e infine dite che occorre fare un confronto “tecnico”, si concorda la data ma non portate i vostri tecnici al confronto. Al termine di tutto questo entrambi continuate imperterriti a ripetere che la politica deve sapere ascoltare. E fate sapere che il confronto tecnico si terrà in Ottobre, a Cagliari, in occasione di un convegno internazionale.

Si può capire che non si potesse fare il convegno internazionale all' Enichem di Ottana, ma forse la scelta di Nuoro avrebbe reso più semplice la partecipazione dei cittadini al convegno nel quale si terrà (?) il tanto atteso confronto tecnico. Mi chiedo, compagno Candidato Segretario e Sig. Governatore, con chi pensate di parlare? Per cosa, e quando, pensate di coinvolgere i cittadini? Per la scelta del colore con cui dipingere le bare nelle quali li volete seppellire?

Tu, compagno Soru, hai idea di quale sia la base del partito del quale ti stai candidando a segretario?
Lei, sig. Governatore, pensa davvero che chi l'ha votata tre anni fa, non si senta preso in giro da questo modo di fare, con cui Lei dice di volere ascoltare ma poi decide senza riconoscere le posizioni altrui?

Tra le tante cose che conoscete immagino non Vi sfuggano i fondamenti della dialettica Hegeliana, che tanta parte ha avuto nella storia di uno dei due partiti che tu, compagno Soru, ti candidi a dirigere. La storia, nella dialettica Hegeliana, è un processo di contrapposizione tra tesi e antitesi. Contrapposizione che dà luogo alla sintesi, un processo nel quale entrambi gli elementi sono presenti, e entrambi gli elementi risultano rinnovati e arricchiti di nuovi significati. Un segretario di Partito deve avere ben chiaro che cosa significhi questo processo, almeno quanto lo deve aver chiaro il Governatore di una Regione Autonoma. Senza la sintesi, senza la contrapposizione costruttiva e la capacità di dialogo non si persegue il consenso. In alcuni casi si può imporre la propria tesi. Ma c'è il rischio che, prima o poi, la tesi e chi la impone vengano spazzati via dalla Storia.

A proposito di tesi, antitesi e sintesi, sarebbe stato interessante conoscere la posizione in merito all'inceneritore del Senatore Cabras, ma non risultava essere presente alla riunione di Ottana. Né risulta, allo stato attuale, alcuna sua dichiarazione in merito. Attendiamo con ansia che ci dica cosa ne pensa.

Da elettore, da iscritto e da dirigente di partito, e da possibile iscritto al partito democratico, mi aspetto molto dai miei dirigenti: non che dicano di ascoltare, ma che ascoltino davvero, e dopo aver ascoltato che tengano conto delle posizioni della base: non che dichiarino la democrazia, ma che la mettano in pratica.

Da cittadino mi aspetto molto dai miei dipendenti amministratori: che decidano per il bene di tutti, possibilmente dopo aver ascoltato chi li ha votati, e se questo non è possibile mi aspetto che spieghino le loro scelte convincendo almeno i propri elettori.

Chiedo troppo?
Cercasi Esperti disperatamente...



Venerdì 31.08.2007 presso l'Enichem di Ottana si è tenuto un incontro sull'inceneritore cui hanno preso parte il prof. Paul Connett, professore di chimica alla St Lawrence University di New York, il dott. Vincenzo Migaleddu, dell' Associazione dei Medici per l'Ambiente, il dott. Marchetti del CNR, gli Assessori Dirindin e Morittu e il presidente della Regione, Renato Soru. Al convegno hanno partecipato centinaia di persone e il clima era quello di grande attesa: ci sarebbe infatti dovuto essere un contradditorio tra i tecnici della Regione e i tecnici del Comitato contro l'inceneritore. Finalmente si sarebbe potuto capire, aldilà delle rispettive opinioni, quale era il merito tecnico del progetto. Per ragioni legate all'indisponibilità dei tecnici RAS questo confronto non c'è stato, ma si è comunque assistito ad un buon dibattito nel quale sono emerse tutte le contraddizioni della scelta di costruire l'inceneritore a Ottana.

L'intervento di Paul Connett, pur nella difficoltà della traduzione a volte non precisissima, ha suscitato l'interesse e la partecipazione di tutti: il professore, infatti, ha spiegato, con il suo stile istrionico, in modo semplice e scientificamente ineccepibile la strategia “Zero Waste 2020” - Rifiuti Zero, ovvero l'applicazione delle 3R al ciclo dei rifiuti: Riduzione della produzione di rifiuti, Raccolta differenziata , Riciclo. Strategia che in trent'anni può portare all'azzeramento della produzione di rifiuti. Il professore si è soffermato sulla descrizione dell'impianto di San Francisco, già citato in questo articolo de L'Altravoce e, in seguito, ha spiegato come, in natura, non esistano rifiuti: la materia non si distrugge, si trasforma. Ciò che non può essere trasformato-riciclato semplicemente non dovrebbe essere prodotto. Per questa ragione Connett auspica la creazione, insieme all'impianto di Trattamento Meccanico Biologico, anche di un centro di ricerca che possa studiare quali tecniche e tecnologie sono più adatte per la riduzione del materiale non riciclabile in uscita dall'impianto.

Successivamente è intervenuto il prof. Marchetti, del CNR, che ha messo in evidenza gli errori nelle stime della RAS circa la produzione di Energia elettrica dall'incenerimento dei rifiuti. Secondo gli studi del prof. Marchetti, per produrre i 25 MWe citati nel Piano Energetico Ambientale Regionale, occorrerebbe portare a Ottana tutti i rifiuti prodotti in Sardegna.

Il dottor Migaleddu ha ricordato che l'Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda di classificare il trattamento dei rifiuti come un problema sanitario, non energetico. In relazione ai rischi sanitari, il dott. Migaleddu ha descritto i danni per la salute legati agli impianti di incenerimento e, citando il D.M. 3/08/2005, ha ricordato che il conferimento in discariche comuni delle ceneri tossiche è vietato dalle Leggi italiane, in quanto tali ceneri sono considerate "rifiuti pericolosi". Per questa ragione gli impianti di incenerimento in Lombardia conferiscono le ceneri in discariche adeguate in Gerimania, ma tale soluzione sarebbe molto difficile da adottare in Sardegna per ovvie ragioni legate al trasporto.

In merito alle preoccupazioni per la salute dei cittadini l'assessore Dirindin ha confermato che, insieme alla Valutazione di Impatto Ambientale, si procederà anche alla Valutazione di Impatto Sanitario, e che in quella sede tutti potranno portare le proprie obiezioni circa le scelte della RAS.

L'assessore Morittu ha ribadito la posizione della Giunta Regionale, ovvero la volontà di continuare nel progetto di costruire l'inceneritore a Ottana,seppure attraverso il confronto con le popolazioni. Volontà riaffermata anche dal Governatore secondo cui occorre continuare nel processo di confronto con le popolazioni attraverso il convegno internazionale sulla gestione dei riufiuti che si terrà a Cagliari in Ottobre.

In chiusura, Mariangela Barca, del comitato contro l'inceneritore, ha risposto alla domanda che serpeggiava in tutta la platea. Dove sono i tecnici della Regione? La risposta è che la data di venerdì è stata fissata in accordo con il Governatore, e che due giorni prima del convegno, organizzato interamente a spese del comitato, è arrivata la richiesta da parte della RAS di spostare l'incontro a Ottobre. Appare evidente che non era possibile spostare la data dell'incontro 48 ore prima, e si è deciso quindi di procedere anche senza i tecnici della RAS.


Al termine degli interventi è rimasta in sala la certezza che esista un altro modo per trattare i rifiuti, un modo eco-compatibile ed economicamente sostenibile. E' rimasta anche la consapevolezza e la delusione per un'occasione mancata: Connett, Migaleddu e Marchetti, infatti oltre a convincere i presenti con le loro argomentazioni, avrebbero potuto anche dialogare con i tecnici della RAS, se questi ultimi ci fossero stati. E da questo dialogo sarebbe potuta aumentare la conoscenza della materia, da ambo le parti.

domenica 22 luglio 2007

Il Trattamento Meccanico Biologico: una valida alternativa agli inceneritori



Negli articoli precedenti sono stati presentati i dubbi circa i rischi per la salute legati all'incenerimento dei rifiuti, i dubbi circa le biomasse e quelli circa la scelta di Ottana. In questo articolo si sarebbero dovute affrontare le questioni circa la necessità e l'opportunità di produrre a Ottana altra energia elettrica. Tuttavia nella riunione tenutasi presso l'Enichem di Ottana il 13.07.2007 anche il Governatore Soru ha affermato che, con l'andamento a regime della centrale Clivati, è venuta meno la necessità di produrre altra energia elettrica a Ottana. Durante lo stesso intervento Soru ha riconosciuto che dall'impianto di Ottana "è ragionevole eliminare la linea delle biomasse" e che i tecnici della RAS valuteranno questa ipotesi, riducendo quindi la potenza della CTI dai 40MWe previsti a 20 MWe (quelli generati dall'incenerimento del CDR).
L'inceneritore, quindi, non è più visto come un sistema per smaltire i rifiuti e produrre energia elettrica (da cui la scelta dell'impianto di Ottana nel PEAR), ma finalmente solo come un modo per smaltire i rifiuti. L'eventuale produzione di energia elettrica mediante l'incenerimento dei rifiuti è, forse, un vantaggio, ma di certo non il motivo per cui lo si dovrebbe scegliere, visto che a Ottana non c'è necessità di avere altra energia.

Levate dal campo la presunta necessità di produrre energia elettrica e l'illusione di creare nuovi posti di lavoro, si può ragionare su quale sia la migliore soluzione ad un problema reale che va affrontato seriamente e risolto nel migliore dei modi. Questo articolo è un modesto tentativo di proporre un modo per smaltire i rifiuti che non comporti tutti i rischi sanitari precedentemente esposti.

Come già detto, il problema più grave legato all'incenerimento è dovuto all'emissione di sostanze tossiche (diossina e nanopolveri) nell'aria. L'altro grande problema è il fatto che il 30% circa di ciò che viene conferito in un inceneritore deve essere smaltito in discariche speciali. Il processo di incenerimento, infatti, produce delle scorie altamente tossiche che non possono essere smaltite in discariche comuni, ma vanno collocate in discariche "speciali". Gli inceneritori, quindi, non risolvono il problema delle discariche, lo complicano, sopratutto in una regione come la Sardegna.

La soluzione che qui si intende proporre si chiama Trattamento Meccanico Biologico (TMB): un insieme di tecnologie in grado di recuperare circa il 70% dei materiali in ingresso. Questo rapporto, pubblicato in Inghilterra nel febbraio del 2003 e tradotto in italiano in occasione della Quarta Giornata Mondiale contro l'Incenerimento dei Rifiuti dimostra, attraverso una dettagliata descrizione tecnica, come a completamento di sistemi di riduzione all'origine e di capillare raccolta differenziata dei rifiuti possa operare un impianto di trattamento degli scarti residui in grado di recuperare circa il 70% dei materiali in ingresso.
Il TMB non emette gas tossici o nanopolveri nell'aria, e non ha necessità di essere alimentato da un quantitativo costante di rifiuti, come invece ha l'inceneritore. L'incenerimento dei rifiuti, infatti, richiede che, anche a fronte di una auspicata riduzione dei rifiuti in ingresso, sia comunque necessario garantire un flusso costante di rifiuti. In pratica, se non si producono abbastanza rifiuti (ovvero se la produzione decresce grazie alla raccolta differenziata) occorre importarli da fuori per fare in modo che l'inceneritore bruci la quantità prevista di CDR. Questo è evidentemente un assurdo: da una parte si dice di voler ridurre il quantitativo di rifiuti attraverso la raccolta differenziata, dall'altra invece si costruisce un impianto che ha bisogno di un flusso costante di rifiuti.

Il TMB è un sistema di riciclaggio e riuso non inquinante, e che si integra perfettamente con la raccolta differenziata, e che è già una realtà in diverse parti del mondo: qui esamineremo brevemente le soluzioni adottate negli Stati Uniti a San Francisco, e in Australia a Sidney.

Nell'impianto di San Francisco vengono trattate in media 1.200 tonnellate al giorno (440.000 t/a) di rifiuti. Originariamente la raccolta porta-porta richiedeva che le persone mettessero carta, vetro e lattine in cestini separati. Questa soluzione comportava un maggiore grado di collaborazione e di impegno da parte dei cittadini, ma, attualmente la via più conveniente è la raccolta a "flusso unico" . I rifiuti, con la sola eccezione dell'umido, vengono collocati dai cittadini in un contenitore unico che viene conferito nell'impianto, ed il cui contenuto viene separato e identificato attraverso il lavoro di un sistema meccanico e di 110 operai. La raccolta a flusso unico semplifica la vita dei cittadini, e contemporaneamente consente di recuperare più materiali: questo sistema infatti ha consentito alla città di San Francisco di raggiungere il 69% di raccolta differenziata, una delle percentuali più alte in America (dato riportato su questo articolo dell'Economist).

L'impianto di Sidney è stato realizzato con un investimento di circa 70 milioni di dollari ed è in grado di trattare un quantitativo di rifiuti non differenziati di circa 250.000 t/a. Il primo impianto di questo tipo ha iniziato a trattare i rifiuti proprio nel settembre del 2004 ma recentemente un impianto analogo è stato appaltato dalle autorità pubbliche del Lancashire in Inghilterra. La tecnologia sta facendo registrare un notevole successo di mercato non solo in Australia e in Asia ma anche in Inghilterra dove molte comunità si stanno battendo contro l’incenerimento dei rifiuti.
A Sidney vi è una raccolta differenziata in crescita ma ancora in corso di miglioramento per superare quote più elevate del 30%. Pertanto il rifiuto in ingresso che va all’impianto è paragonabile a “rifiuto tal quale”. In questo quadro ciò che entra nell’impianto è per circa il 50% scarto di cibi e per il resto è formato da plastiche, carta e cartoni, vetro, metalli e tessili ecc. Nel corso del trattamento vi è una riduzione in peso di circa il 48% per effetto della evaporazione e della perdita di CO2.
Si invia al riciclaggio circa il 13% del totale dei rifiuti in ingresso cosi’ suddiviso :
  • 4% di carta,
  • 3% di metalli,
  • 1- 2% di plastiche,
  • 2% di vetro e
  • 2% di altro (legno, tessili);
Si produce circa un 4% di biogas (riferito al peso totale dei rifiuti in ingresso); 13% di compost con valore agronomico; 17% di frazione organica stabilizzata (FOS) utilizzata per la ricopertura della discarica; 8% di rifiuti da smaltire in discarica costituiti da inerti e da plastiche il cui riciclaggio è problematico.
In pratica, da ogni tonnellata di rifiuti che entra in discarica, escono:
  • circa 450 Kg emessi nell'aria sotto forma di Anidride Carbonica e Vapore acqueo: non vi sono emissioni di sostanze inquinanti o di nanopolveri.
  • circa 300 Kg di materiale riusabile o riciclabile.
  • circa 250 Kg tra FOS e rifiuti non riciclabili, collocabili in comuni discariche, non essendo un rifiuto tossico (come invece sarebbero i 300 Kg in uscita dall'inceneritore).

La sostanziale differenza tra l'approccio con l'inceneritore e quello con il TMB è che il rifiuto nel primo caso è uno scarto da bruciare, nel secondo invece è un'opportunita cui applicare le pratiche del riciclo e del riuso. Queste pratiche, accompagnate da opportune politiche di riduzione dei rifiuti, possono portare all'obiettivo "Rifiuti Zero": una sfida che può essere vinta, come dimostrano esperienze in tutto il mondo, e che va comunque combattuta, soprattutto da un'Amministrazione che ha fatto della difesa dell'Ambiente uno dei suoi cavalli di battaglia. E' molto importante, infatti, salvare le coste e così incrementare il turismo. Ma è fondamentale salvare ciò che le coste delimitano: la nostra terra e tutte quelle creature che hanno la fortuna di viverci sopra per tutta la vita, non solo per un mese l'anno.


lunedì 16 luglio 2007

In questo articolo verranno esaminati i motivi per cui la scelta di costruire un inceneritore a Ottana inducè più di una perplessità. In particolare verranno esaminati i motivi per cui:
  1. la produzione di energia da biomasse suscita diversi dubbi.
  2. la scelta di collocare l'impianto a Ottana pone molti problemi in una zona già in evidente stato di difficoltà.


I. Riguardo la produzione di energia da biomasse ci occuperemo di:
  1. Biomasse forestali
  2. Biomasse no-food
  3. Il progetto per lo sfruttamento delle biomasse
  4. Gli utili prodotti dall'impianto


1. Le Biomasse Forestali.

La produzione di energia elettrica da biomasse forestali consiste nella raccolta di sostanze di origine vegetale dai boschi, nel loro conferimento nell'impianto di Ottana e nella successiva combustione con recupero dell'energia termica per la produzione di energia elettrica.

Nel Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) redatto dall'Assessorato all'Industria, si afferma che con le biomasse forestali è alimentabile una potenza elettrica di 40MWe. Questa affermazione è basata sul fatto che l'Assessorato all'Ambiente, nel Piano Forestale Ambientale Regionale (PFAR) stima che sia disponibile in Sardegna una produzione di circa 300.000 tonnellate/anno (t/a) di biomasse forestali. Questa affermazione viene poi ripresa nelle "Specifiche Tecniche per la progettazione di una centrale termica integrata nell'area industriale di Ottana" (Linee Guida Generali) in cui si legge che a fianco degl impianti di combustione dei CDR devono essere previste una o più linee per la produzione di energia elettrica da biomasse:120.000 t/a di origine forestale e 80.000 t/a no-food.

Esaminiamo cosa dice il PFAR.

Nell'Allegato III del PFAR, intitolato "Analisi di massa delle biomasse forestali a scopo energetico" al paragrafo 1.1 si stima che dalla gestione dei boschi sull'intera regione "risulta traibile un potenziale massimo di biomassa oscillante tra 290.890 e 318.569 t/anno". Questo è il dato che sia il PEAR sia le Linee Guida Generali citano a sostegno della tesi secondo cui sarebbe opportuno prevedere un impianto di produzione di energia elettrica da biomasse di origine forestale. Tuttavia, gli stessi autori del PFAR, nel paragrafo 1 affermano che "le analisi riportate prescindono da qualunque valutazione di tipo economico, non essendo infatti prese in considerazione le problematiche legate alla logistica degli impianti, al costo degli interventi selvicolturali, al costo del conferimento in centrale, etc. I risultati ottenuti hanno pertanto carattere di investigazione preliminare sull'argomento e prescindono da qualunque verifica sulla convenienza economica degli interventi di installazione di centrali per produzione energetica alimentate da biomassa forestale".
In pratica, le 300.000 tonnellate/anno ci sono, ma la convenienza economica del loro trattamento per la produzione di energia elettrica non è in alcun modo investigata nè tantomeno, dimostrata. Non sappiamo quanto costa conferire le biomasse forestali negli impianti e non sappiamo quale sarà il costo finale dell'energia elettrica prodotta.
Che senso ha parlare di produzione di energia elettrica da biomasse se non si è valutato appieno quale è il costo finale dell'energia elettrica che verrà prodotta?
Se questa valutazione non viene fatta a priori il rischio è che "le valutazioni di tipo economico" rendano sconsigliabile, a posteriori, l'uso delle biomasse e che quindi la linea per le biomasse dell'impianto di Ottana sia antieconomica e debba essere o chiusa o riconvertita all'incenerimento del CDR, come è già successo a Brescia.

La questione delle biomasse forestali crea dunque alcune contraddizioni, infatti:

  1. nel PFAR si individua un quantitativo di biomasse di 300.000 t/a, e si afferma espressamente che questo dato è puramente quantitativo ma necessita di un approfondimento circa la valutazione dei costi di gestione, conferimento, ecc.
  2. nel PEAR si dice che queste 300.000 t/a potrebbero produrre 40MWe, ma che almeno una parte della potenza suddetta sarebbe preferibile venisse prodotta da piccoli impianti collocati nelle zone agricole.
  3. nella delibera n. 6/5 del 14.02.2006 si parla di una generica seconda linea a biomasse il cui 40% sia costituito da biomassa no-food, e il 60% di provenienza forestale.
  4. nella Premessa delle Linee Guida Generali si legge che a Ottana si devono produrre 20MWe incenerendo colture no-food e forestali. Qualche pagina più avanti, nel par. 1.2.2, si legge che risulta "più semplice l’individuazione di poli di risorsa locali, capaci di assicurare livelli di potenza di piccola scala (micro impianti di cogenerazione), piuttosto che la previsione di poche (1-2) centrali di media potenza (10-20 Mwe)". In pratica nelle Linee Guida Generali si stabilisce che 12 MWe (il 60% dell'energia prodotta dalle biomasse) debbano essere prodotti da biomasse forestali, ma subito dopo si afferma che questa produzione è scarsamente conveniente...

Gli estensori delle Linee Guida Generali affermano che le scelte da loro stessi indicate non sono convenienti. A questo punto è legittimo il dubbio che la produzione di energia elettrica da biomasse sia un'attività che nasce in perdita, e che possa tradursi o in una riconversione della linea delle biomasse verso l'incenerimento del CDR, o in un aggravio dei costi di smaltimento con conseguente aumento delle tariffe per i cittadini.


2. la produzione di energia da biomasse no-food
La scelta di produrre energia elettrica attraverso l'uso di biomasse in una regione in cui si vive una perenne carenza d'acqua comporta ovvi rischi di approvvigionamento: dovremmo usare la poca acqua che abbiamo per produrre energia elettrica che non ci serve, o per lo meno che ci serve sicuramente meno dell'acqua necessaria a produrla. Per poter valutare appieno la convenienza dell'uso di biomasse no-food per la produzione di energia elettrica occorrerebbe valutarne il "costo in acqua", ovvero quanto costa 1 MWe di energia prodotta in termini di acqua consumata. Questa valutazione, non presente nelle Linee Guida Generali, nè indicata nei progetti presentati, renderebbe palese un costo per la collettività dei Sardi: l'acqua usata per le biomasse no-food sarebbe sottratta ad altre colture e a filiere ad alto valore aggiunto. Se vogliamo produrre energia pulita, è meglio usare ciò che abbiamo in abbondanza, ad esempio il vento, con gli impianti eolici, e il sole, con gli impianti fotovoltaici, e conserviamo l'acqua per scopi più importanti.


3. Il progetto di sfruttamento delle biomasse
Le Linee Guida Generali stabiliscono che "La proposta progettuale dovrà prevedere delle linee dedicate alla valorizzazione delle biomasse nel rispetto delle caratteristiche qualitative e quantitative precisate nel capitolo relativo alle biomasse. Sarà cura del proponente individuare la tecnologia più adatta per l’utilizzo delle stesse biomasse, ovvero il
numero di linee da installare, la tipologia del forno, e il sistema di trattamento degli effluenti solidi, liquidi e gassosi. "
In pratica i partecipanti alla gara hanno piena libertà nell'elaborazione di un sistema di gestione delle biomasse, però devono garantire:
  1. di produrre almeno 20MWe dalle biomasse
  2. di usare 120.000 t/a di biomasse forestali
  3. di produrre il 40% dell'energia da biomasse agricole
Nel rispetto dei vincoli indicati, i partecipanti alla gara devono formulare un progetto il più possibile articolato e dettagliato circa l'uso delle biomasse.
Tuttavia alcuni dei membri della commissione che ha aggiudicato il progetto, in una lettera riservata indirizzata al presidente della Commissione Aggiudicatrice, affermano che il progetto presentato non prevede il necessario dettaglio sulla linea per le biomasse. Inoltre l'Ing. Gianni Mura, rappresentante tecnico incaricato dal Comune di Ottana in seno alla commissione , in un articolo de l'Unione Sarda del 12.06.2006 afferma «Alle biomasse non crede nessuno. Il bando è molto preciso sulle tecnologie relative ai rifiuti, mentre sulle biomasse chiede indicazioni ai concorrenti. Nessuna delle proposte in gara ha rispettato il bando».


4. Sugli utili prodotti dall'impianto
Nei primi 11 anni ci dovrebbero essere di 62 milioni di euro di utili, così ripartiti: 13 milioni provenienti dalle tariffe (56,40 euro per tonnellata), 20 milioni dalla vendita di energia e 28 milioni, ovvero la quota più cospicua, dai certificati verdi (ROC), premi europei per chi produce energia utilizzando fonti rinnovabili. Nello stesso articolo Mura afferma che «Visto il dibattito in atto, è possibile che i certificati verdi vengano eliminati. Significa che quei 28 milioni di euro dovranno arrivare da altre entrate attraverso l'aumento delle tariffe.


II. Sulla scelta di Ottana
Fermi restando tutti i dubbi precedentemente espressi, riguardanti l'incenerimento in quanto tale, e la convenienza nell'usare in Sardegna biomasse per produrre energia elettrica, esistono anche forti perplessità riguardo la scelta di collocare l'impianto a Ottana:
  1. la collocazione dell'impianto in relazione alla distribuzione della produzione dei rifiuti a livello regionale
  2. l'impatto ambientale in una zona già altamente inquinata
  3. le ricadute sulle produzioni alimentari e sui livelli occupazionali della zona

1. La collocazione dell'impianto in relazione alla distribuzione della produzione di rifiuti a livello regionale

Nel 7° RAPPORTO SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI IN SARDEGNA - ANNO 2005 viene, tra le altre cose, riportata anche la ripartizione della produzione dei rifiuti per Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), coincidenti con le vecchie province.
Dal grafico emerge che, su una produzione annuale (2005) di 875.000 tonnellate, l’ATO di Cagliari (A, nel grafico) incide per il 47%, Sassari (D) per il 31%, mentre Nuoro (B) e Oristano (C) rispettivamente per il 14% e per l’8%. Il dato è identico a quello rilevato negli anni passati.
La scelta di Ottana, ricadente nell'ATO di Nuoro, comporta la movimentazione del 31% di tutti i rifiuti i prodotti nell'isola. Una collocazione più accurata dell'impianto di incenerimento comporterebbe una minore movimentazione dei rifiuti, con conseguente risparmio energetico e minore impatto ambientale.








2. L'impatto ambientale in una zona già inquinata
La zona di Ottana rientra già tra quelle ad alto impatto ambientale. La collocazione dell'inceneritore costituirebbe un ulteriore aggravio della pressione ambientale e dei livelli di inquinamento, che aumenterebbero per due ordini di motivi:
  1. le emissioni dell'inceneritore
  2. le emissioni dei mezzi necessari per portare i rifiuti in ingresso (CDR) e in uscita (ceneri)
Occorre notare che le emissioni inquinanti legate al trasporto dei rifiuti avrebbero un impatto lungo tutto il percorso dei mezzi, ma si concentrerebbero comunque nella zona di Ottana: tutte le 400.000 tonnellate/anno (contando le biomasse) di rifiuti e le 60.000 tonnellate/anno di ceneri arriverebbero/partirebbero da Ottana.
Aumentare i livelli di inquinamento in una zona già inquinata comporta un aumento del tasso di rischio per le popolazioni interessate sicuramente maggiore di quello che si avrebbe collocando l'impianto in altre zone meno degradate dal punto di vista ambientale, infatti aumentando le fonti inquinanti aumenta anche la probabilità di sforare le soglie ammissibili.


3. Le ricadute sulle produzioni alimentari e sui livelli occupazionali della zona
Con l'aumento dei tassi di inquinamento, in particolare diossine e nanopolveri emesse dall'inceneritore e diossine emesse dai mezzi di movimentazione dei rifiuti, la filiera latto-casearia risulterebbe compromessa. Le produzioni agroalimentari e l'indotto legato ad esse subirebbero un danno anche occupazionale ben maggiore dei 40 posti di lavoro creati dall'impianto di incenerimento dei rifiuti. Questo danno occupazionale andrebbe a ricadere su una realtà già depressa, togliendo ai residenti in quelle zone l'unico sbocco occupazionale possibile.


Il prossimo articolo tratterà della necessità di produrre altra energia elettrica in Sardegna, e delle alternative allo smaltimento dei rifiuti attraverso l'incenerimento.

lunedì 9 luglio 2007

Termovalorizzatori...

L'inceneritore di Ottana

Parte I - Cinque fatti sull'incenerimento dei rifiuti.

Dopo la delibera della RAS in cui, di fatto, si dà il via al progetto del Termovalorizzatore di Ottana, molti sono quelli che si sono schierati contro l'impianto e molti sostengono che comunque una soluzione per lo smaltimento dei rifiuti debba essere trovata. E' evidente che il tema dei rifiuti va affrontato seriamente e che un'amministrazione consapevole deve valutarlo in tutti i suoi aspetti. L'uso del termovalorizzatore non come sostituivo della raccolta differenziata ma come ultimo anello della catena dei rifiuti per eliminare ciò che non si riesce a riciclare può apparire interessante, ma sul tema ci sono diverse questioni aperte. Quello che segue è un tentativo, indipendente, di capire come stanno le cose.


In pratica un termovalorizzatore è un inceneritore che brucia il residuo non riciclabile dei rifiuti, chiamato CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti) recuperando parte dell'energia termica generata nella combustione e convertendola in energia elettrica da immettere nella rete di distribuzione. Per fugare ogni dubbio, è bene dire che la termovalorizzazione richiede l'incenerimento. Per questa ragione, in questo articolo, termovalorizzatore e inceneritore sono da considerarsi sinonimi, così come sono sinonimi termovalorizzazione e incenerimento. Per evitare confusione da questo momento in poi si useranno solo i termini inceneritore e incenerimento.


Sul tema dell'inceneritore di Ottana esistono diverse questioni aperte. Una possibile divisione in gruppi:

  1. Questioni sul processo di incenerimento in quanto tale
  2. Questioni circa le biomasse e l'energia prodotta
  3. Dubbi sulla scelta di Ottana e sul metodo scelto dalla Giunta Regionale
In ultima analisi, occorre chiedersi se l'incenerimento è l'unica tecnica possibile per smaltire i residui non differenziabili dalla raccolta dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU).


Il processo di incenerimento.

  1. E' vero che durante la combustione vengono generati dei gas (in particolare diossine)?
  2. E' vero che dai filtri, insieme ai gas, fuoriescono anche delle nanoparticelle che sono pericolose per la salute?
  3. Esistono prove serie e studi attendibili che mettano in relazione la presenza degli inceneritori e danni alla salute?
  4. Per ogni tonnellata di CDR, circa 250 Kg sono di ceneri altamente tossiche. Cosa ne facciamo delle ceneri, come le smaltiamo e dove ?
  5. Il Termovalorizzatore di Brescia, citato ad esempio è davvero così esemplare


1. Durante l'incenerimento vengono generati dei gas che vengono emessi nell'aria, dopo essere stati filtrati. Il filtraggio di questi gas non azzera, in nessun caso, la diossina che quindi, insieme ad altri veleni, si ritrova nell'aria: dall'aria decade sul terreno, ed entra nella catena alimentare. Anche usando come riferimento un documento certamente non di parte nè schierato contro gli inceneritori quale il rapporto delle migliori tecniche (BAT, Best Available Techniques) per l'incenerimento dei rifiuti redatto nell'Agosto 2006 dalla Commissione Europea, risulta comunque che nel processo di incenerimento vengono emesse diossine nell'aria. Inoltre l'Unione Europea, in un documento intitolato Inventario europeo delle diossine, stima che il trattamento dei rifiuti (e in particolare l'incenerimento) e il settore industriale (in particolare il siderurgico) sono i massimi responsabili dell'emissione in atmosfera di diossine: «Nonostante i considerevoli sforzi degli ultimi anni per ridurre le emissioni degli inceneritori di rifiuti solidi urbani questo tipo di fonte continua a dominare l'immissione di diossine in atmosfera».
Occorre notare che la diossina, a causa dell'alta affinità per le sostanze grasse, entra nella catena alimentare: in virtù di questa proprietà, la diossina emessa nell'ambiente dall'inceneritore di Ottana si concentrerebbe nella catena alimentare, ad esempio nella filiera latto-casearia: il latte (e tutti i suoi derivati, ovviamente) prodotti da bestiame che si ciba di foraggi provenienti da zone in cui ci sono ricadute di diossina conterranno diossina. L'emissione di diossina attraverso l'incenerimento è un fatto.

2. Quando una sostanza organica (contenente principalmente carbonio, azoto, idrogeno, e ossigeno) brucia vengono rilasciate molecole più piccole e generalmente biodegradabili (anche se inquinanti). Se la sostanza contiene anche una frazione rilevante di materiali inorganici (come dei metalli), i prodotti della combustione possono portare, specialmente se ad alte temperature, ad aggregati atomici e leghe metalliche , che non sono biodegradabili, e vengono disperse in ambiente sotto forma di aerosol. Questi aggregati hanno una dimensione dell'ordine dei nanometri (miliardesimi di metro), da cui il nome nanoparticelle.

Le nanoparticelle possono ritrovarsi un po' ovunque, nello scatolame a causa della sua usura, in alcuni farmaci come eccipienti, nel fumo di sigaretta e degli inceneritori, nel pesce di mare, in prossimità di vulcani: la lista è potenzialmente infinita. La presenza delle nanoparticelle nel fumo che fuoriesce dagli inceneritori non è in discussione, è un dato di fatto: nel già citato rapporto della Commissione Europea sulle BAT per l'incenerimento, nel par. 3.2.2.1, vengono individuati oltre 20 sostanze diverse che vengono emesse nell'aria. Tra queste, oltre la diossina, sono presenti il Cadmio, l'Arsenico,il Piombo, il Cobalto, il Cromo e il Mercurio. Parecchi di questi elementi (cadmio, arsenico ecc.) sono cancerogeni noti o sospettati; altri sono noti per la loro neuro-tossicità. Gli ossidi di azoto e l’ozono che ne deriva agiscono sull’apparato respiratorio e cardiovascolare favorendo patologie infiammatorie e degenerative. L'emissione di nanoparticelle (particolato) di metalli pesanti e cancerogeni attraverso l'incenerimento è un fatto.


3. Riguardo agli studi che mettano in relazione inceneritori e salute umana, esistono centinaia di articoli nella letteratura scientifica. Tra i più recenti:
  • nell'International journal of hygiene and environmental health, del Maggio 2007 viene riportato un articolo scritto da ricercatori dell' Istituto di Medicina Preventiva, Facoltà di Medicina, Università di Lisbona. Nello studio, relativo ai livelli di cadmio, mercurio e piombo osservati nella popolazione umana vicina a due inceneritori si conclude che "paragonati con i dati di riferimento in condizioni simili, i livelli osservati di cadmio, piombo e mercurio presenti nel sangue, sembrano essere relativamente più alti, sia per i valori medi che per quelli estremi"
  • nella rivista italiana di Epiemiologia e prevenzione di Maggio-Giugno 2006, viene pubblicato uno studio del Dipartimento di medicina ambientale, Università di Padova in cui si osserva nella popolazione femminile di Venezia e Mestre un "eccesso statistico del Sarcoma ai Tessuti molli tra le donne nella categoria a più alta esposizione" e questo viene messo in relazione all'esposizione ambientale.
  • nella rivista italiana di Epiemiologia e prevenzione di Luglio-Agosto 2005 viene pubblicato uno studio dell'UO Biostatistica, CSPO,Istituto scientifico Regione Toscana e Dipartimento di statistica G. Parenti, Università di Firenze, in cui emerge che nel periodo 1986-1992 si è osservato nella zona di Campi Bisenzio un picco localizzato di morti per il linfoma non-Hodgkin tra la popolazione maschile. Nello stesso comune, un inceneritore di rifiuti urbani era operativo dal 1973 al 1986, quando è stato chiuso si sono rilevate le prove di contaminazione di diossina nel suolo
  • nell'Emidemiology Journal del Maggio 2004 viene riportato uno studio dell'Istituto Nazionale di salute Pubblica giapponese fatto sugli inceneritori in Giappone (ad alto contenuto tecnologico). Nell'articolo si legge che nella zona osservata, con tutte le cautele del caso, si osserva una diminuzione del rischio delle morti tra i nenonati con l'aumento della distanza dall'inceneritore. Ovvero, più si vive vicini all'inceneritore (con un picco tra 1-2 Km) e più si rischia di osservare morti tra i neonati.
In pratica, vicino agli inceneritori, sono a rischio i neonati, le donne e gli uomini... L'entità del rischio non è ancora stata quantificata esattamente, ma il rischio per la salute legato alla presenza di un inceneritore è un fatto.

4. Riguardo alle ceneri.
Per ogni tonnellata di rifiuti incenerita si ha un aumento dei volumi, ottenendo:
- Una tonnellata circa di emissioni gassose dai camini
- Circa 250 Kg di scorie e ceneri tossiche
La presenza dell'inceneritore di Ottana richiede lo smaltimento di circa 25.000 t/anno di rifiuti speciali. In trent'anni ci saranno 750.000 t di rifiuti speciali da portare in discarica, e in Sardegna non esiste discarica in grado di ospitare un quantitativo così elevato di questo materiale: per accogliere questo tipo di materiale di scarto occorrono infatti discariche speciali che diano garanzie di totale sicurezza ambientale.
A tale proposito si osservi che nel "Rapporto sullo stato di salute dei residenti nelle aree con siti industriali, minerari o militari in Sardegna, Italia" commissionato dall'Assessorato alla Sanità Regionale emerge che, nelle aree industriali, la compromissione dello stato di salute delle popolazioni coincide con le attività ad alta produzione di rifiuti speciali. Aumentare quindi la produzione di Rifiuti speciali, costuisce un elemento di rischio per tutte quelle popolazioni che si troveranno a risiedere in prossimità delle zone in cui i rifiuti verranno stoccati. Certo, le ceneri si possono trasportare e portare in una discarica (a pagamento), ma noi viviamo in un'isola: per trasportare le ceneri occorre usare le navi (gli aerei sarebbero troppo rischiosi), e questo implica elevato rischio ambientale e elevati costi di smaltimento, probabilmente a carico della collettività. La necessità di un corretto smaltimento delle ceneri tossiche è un fatto.

5. Riguardo all'inceneritore di Brescia.
In prossimità della città, c'è uno degli inceneritori più grandi d'Europa (ca. 750.000 tonnellate l'anno: il triplo di quello di che si vorrebbe costruire a Ottana) che soddisfa da solo circa un terzo del fabbisogno di calore dell'intera città (1100 GWh/anno) e che, nonostante sia stato oggetto di diverse procedure di infrazione da parte dell'Unione Europea, nell'ottobre 2006 è stato proclamato «migliore impianto del mondo» dal Waste to Energy Research and Technology Council, un organismo indipendente formato da tecnici e scienziati di tutto il mondo e promosso dalla Columbia University di New York; ha suscitato però "qualche" perplessità il fatto che questo organismo annoveri tra gli "enti finanziatori e sostenitori" la Martin GmbH, che è tra i costruttori dell'inceneritore premiato. L'impianto di Brescia non è così bello come qualcuno lo dipinge, anche questo è un fatto.

Nei prossimi due articoli verranno analizzate le questioni relative alle biomasse e all'energia prodotta, alla scelta di Ottana come sede; verrà infine proposta una possibile alternativa all'incenerimento dei rifiuti.


Gianstefano Monni







Rapporto sullo stato di salute dei residenti nelle aree con siti industriali, minerari o militari in Sardegna, Italia

[AVVERTENZA DI CHI NE HA CURATO LA TRADUZIONE
: Questo articolo è stato pubblicato in italiano nel febbraio 2006 nella rivista Epidemiologia e Prevenzione. Tuttavia io l'ho recuperato, su Internet, solo in inglese e ho cercato di tradurlo nel modo più accurato possibile, comunque non essendo io nè un medico nè un esperto di statistica non posso garantire sulla correttezza della traduzione. Consiglio quindi le persone realmente interessate a consultare direttamente l'articolo in inglese. ]


Autori:
· Biggeri A,
· Lagazio C,
· Catelan D,
· Pirastu R,
· Casson F,
· Terracini B.

Dipartimento di statistica G Parenti, Università di Firenze. abiggeri@ds.unifi.it


Il lavoro descritto nel presente rapporto è stato richiesto dalla Direzione D’Igiene, salute e Benessere sociale della Regione Sardegna (Italia).

È stato portato a termine dall’osservatorio epidemiologico Regionale sotto il controllo dell’ESA (Epidemiology Development and Environment) e con il supporto dell’Unione Europea. Diciotto aree (per un totale di 73 comuni) sono state identificate a priori come “potenzialmente inquinate”, prendendo in considerazione una popolazione di 917.977 persone nel censimento del 2001 (56% della popolazione sarda). Le aree sono state individuate dopo la città più importante così come indicato sotto (tra parentesi i dati arrotondati della popolazione del 2001), le attività industriali più importanti sono indicate brevemente.


Aree industriali:

  • Portoscuso (59.000): preparazione di alluminio e altri metalli, fonderia, impianti elettrici. Miniere dismesse (prevalentemente carbone, piombo e zinco). Impianti per lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti speciali. La legge italiana 349/1986 ha classificato quest’area come “ad alto rischio di crisi ambientale” e quegli impianti come “ad alto rischio tecnologico” (Norma Seveso, Decreto 334/1999). L’area è parte del sito nazionale per il recupero del Sulcis.
  • San Gavino (24.000). Attività industriali e commerciali. Fonderia di zinco e piombo. Fabbriche casearie. Produzione alimentare.
  • Sarroch (52.000). Industria petrolchimica e raffineria. Impianti di produzione di energia elettrica. Miniere. Inceneritore. Impianti per lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti speciali. Depositi di gas e oli minerali.
  • Ottana (15.000). Industria chimica. Produzione di fibre plastiche e sintetiche. Produzione di denim.
  • Porto Torres (158.000). Industria chimica: produzione di prodotti chimici di base (benzene, toluene, etilene, propilene e altri), polietilene, elastomeri, e cloruro di vinile. Industria tessile. Discariche di prima e di seconda categoria. Alcuni impianti sono stati classificati come “ad alto rischio tecnologico” (Norma Seveso, Decreto 334/1999). Quest’area è un sito di recupero nazionale. È inclusa la città di Sassari .
  • Tortolì (23.000). Costruzione di strutture in acciaio per impianti offshore per l’industria del petrolio e del gas. Cartiera.
  • Tempio Pausania (21.000). Produzione del sughero. Cave.
  • Macomer (17.000). Industria tessile velluto. Discariche di prima e di seconda categoria. Inceneritore.

Miniere:

  • Arbus (30.000): Estrazione dello zinco, del piombo e dell’argento.
  • Iglesias (39.000): estrazione dello zinco, del piombo e dell’argento.

Zone militari:
  • Teulada (16.000)
  • La Maddalena (11.000). Cantieri marina militare
  • Salto di Quirra (31.000). Area mineraria.

Aree urbane:
  • Cagliari (299.000). Impianti petrolchimici, porto, aeroporto
  • Nuoro (37.000)
  • Olbia (47.000): porto, aeroporto
  • Oristano (31.000)
  • Sassari (121.000)



Risultati: La comparazione Italia - Sardegna
Nel periodo 1997-2001, il tasso di mortalità standardizzato per età (x1,000 persone-anno) tra i maschi è stato più alto che in Italia (84,4 contro 80,8), mentre il contrario è accaduto per le femmine (50.9 contro 52.0). Le cause di morte legate a malattia sono state 1,4% nei maschi e il 2.5% per le femmine (contro rispettivamente un dato nazionale del 1.1% e 1.4%). Paragonato al dato nazionale italiano, le stime del tasso regionale di mortalità standardizzato per età è più alto in Sardegna per malattie infettive (23% nei maschi e 12% nelle femmine), malattie respiratorie (22% e 14%: la pneumoconiosi è 6 volte più frequente in Sardegna che in Italia), malattie dell’apparato digerente (26% e 9%), cancro al seno (5%). D’altra parte, i tassi di mortalità regionale sono stati più bassi di quelli nazionali per malattie cardiovascolari (-1,3% e -7,4% nei maschi e nelle femmine, rispettivamente), tutti i cancri considerati insieme (-9% e -7%) e per il cancro al polmone (-5% e -32%). I tassi di mortalità nazionale e regionale per il linfoma non Hodgkin per entrambi i sessi e per la leucemia nelle femmine sono stati praticamente uguali, mentre l’ultimo tasso per i maschi è stato leggermente più alto in Sardegna che in Italia (9,4 vs 8,4 x 100.000 persone-anno). In particolare nei maschi le differenze nei tassi di mortalità per tutte le cause e per quelle cardiovascolari, malattie respiratorie e cancro al polmone tra le quattro province “tradizionali” (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano) sono state più grandi delle differenze tra Sardegna e Italia. Abbastanza curiosamente, anche i tassi di mortalità per i tumori linfoemopoietici sono stati più eterogenei all’interno della Sardegna.

Risultati nelle zone sotto esame
I rapporti delle dimissioni ospedaliere in Sardegna hanno mostrato un’alta variabilità, che è in parte attribuibile alle differenze sia di posti ospedalieri che di forme alternative di assistenza. Questa eterogeneità deve essere tenuta in considerazione quando si interpretano i tassi di dimissione ospedaliera. Questi sono relativamente alti in alcune aree (Cagliari, Iglesias, Portoscuso, Tortolì) e bassi in altre (Olbia, Porto Torres, Sassari). Tutti i rapporti tra dato osservato/atteso sono stati basati su cifre compensate dalla privazione materiale. Tutte le statistiche stimate sono state riportate con un intervallo di confidenza del 90%.

Aree industriali:
Nel 1997-2001 le morti da malattie respiratorie sono state significativamente maggiori tra i maschi a Portoscuso (obs/exp 205/124,77) e a San Gavino (69/46,77). Le morti da pneumoconiosi sono state osservate sporadicamente, con la sola eccezione di Portoscuso, dove l’eccedenza è impressionante (obs/exp 112/30,46). SMRs per il cancro ai polmoni negli uomini varia tra 0,62 di Ottana e l’1,22 di San Gavino, con variazioni statistiche significative dai valori attesi di Portoscuso e di Sarroch (entrambi con SMR significativamente in eccesso en entrambi i casi: 1,24). A Porto Torres la mortalità per tutte le cause è stata significativamente in eccesso per entrambi i sessi (SMRs 1,18 e 1,21), per malattie respiratorie (1,08 e 1,28), per malattie del sistema digerente (1,13 e 1,21). L’ultimo dato è confermato dai rapporti di incidenza del registro del cancro locale. Tra le aree industriali, Porto Torres è stata quella con la maggior prova di un eccesso di morti per il cancro linfoemopoietico nei maschi (obs/exp 99/83,60) e nelle femmine (73/68,2).

Aree minerarie:
Queste aree sono caratterizzate da un eccesso statistico della mortalità degli uomini, per la gran parte causato da condizioni respiratorie non neoplastiche (obs/exp 119/86,41 a Iglesias e 156/62,55 ad Arbus). Negli ultimi anni, le morti da pneumoconiosi sono state in media 20 per anno ad Arbus e 10 per anno ad Iglesias. Il cancro al polmone nei maschi è stato significativamente in eccesso in entrambe le aree (exp 72/56.38 in Arbus and 108/72.14 in Iglesias ) . C’è un andamento annuale (1981-2001) verso una diminuzione della mortalità per problemi respiratori, che tuttavia rimane grandemente in eccesso sulla media regionale anche nel periodo più recente.

Aree militari:
Gli eccessi statisticamente significativi sono stati rilevati a La Maddalena (mortalità 1981-2001), nei maschi 17 casi osservati contro 6,13 attesi, nelle femmine 8/5,64. Nel salto di Quirra, tra il 1997-2001 morti da mielosi 5/2,3 e leucemia sono aumentati per entrambi i sessi (total obs/exp 20/13.3, statisticamente non significativo)

Aree urbane:
Le aree urbane in Sardegna sono relativamente ben sviluppate con alti livelli di indicatori socioeconomici. Il profilo della salute a Cagliari e Sassari è tipico di città del mondo occidentale. A Cagliari c’è una mortalità più alta per tumori colorettali, al seno e ai polmoni

Conclusioni:
L’inquinamento ambientale (non occupazionale) può spiegare alcuni degli eccessi di malattia nelle zone industriali della Sardegna osservate, in particolare nelle donne, in genere meno esposte ai rischi degli ambienti di lavoro, mentre nelle zone minerarie studiate lo schema delle malattie suggerisce una maggiore incidenza dei rischi legati all’ambiente di lavoro. D’altra parte il collegamento causale tra l’occorrenza della malattia e l’esposizione nelle zone militari rimane non dimostrato. Lo schema della malattia nelle città della Sardegna appare essere associato con lo stile di vita e l’inquinamento urbano. Storicamente, le regioni del sud Italia sono state caratterizzate da un vantaggio rispetto al resto della nazione in termini di salute, ma durante l’ultimo decennio questo vantaggio ha teso a svanire. La Sardegna conferma questo andamento secolare. Tuttavia negli studi riguardanti gli anni più recenti, il tasso complessivo di mortalità standardizzato con l’età nelle femmine Sarde rimane ancora più basso della media Italiana, ma non più nel caso dei maschi. E’stato rilevato che le differenze nel profilo di salute tra residenti in differenti zone della Sardegna sono molto più grandi delle differenze tra la Sardegna e il resto d’Italia. Il maggior contributo alle differenze intraregionali è dato dalle 18 zone investigate per le malattie respiratorie (compreso il cancro) nelle aree industriali di Portoscuso, Sarroch e Porto Torres e nelle zone minerarie; le malattie dell’apparato digerente, il cancro al fegato e il cancro linfoemopoietico nella zona di porto Torres; il cancro al sistema linfoemopoietico in alcune zone militari; i cancri al colon e al retto, al polmone, al seno e all’utero in alcune delle città più grandi della Regione.

domenica 8 luglio 2007

Ultima fermata: Pd.

Di questi tempi parliamo di regole e di regolamenti fatti in riunioni di comitati che ratificano scelte fatte da quelli tra noi che, più o meno democraticamente, decidono. Discutiamo di criteri di rappresentanza territoriale, di genere, di età, etc., senza chiederci se rappresentiamo qualcosa per qualcuno, e cosa rappresentiamo. Le persone nel migliore dei casi non ci capiscono, a volte ci temono e raramente ci stimano. Prendiamone atto prima che sia troppo tardi: prima che la voglia di fare politica e la speranza che non siamo tutti uguali vengano meno. Prendiamone atto e corriamo ai ripari: ascoltiamo la voce che viene da quella società che diciamo di rappresentare, e che conta molto più del 33% che le assegniamo. La società civile è fatta da persone che a volte la pensano come noi e a volte no, e che quando ci ascoltano stanno in silenzio non perché rapite dalla nostra retorica, ma perché sfiancate da tutti i problemi che spesso tendiamo a sottovalutare, se non a ignorare.
Non è il leader il problema, né le primarie, né i quarantacinque, né i tre saggi, i quattro gatti, le cinque terre o le sei nazioni. Attraverso il partito democratico cambieranno davvero le cose? Noi cambieremo? Attraverso le primarie, la costituente e il primo congresso, riprenderemo realmente a interessarci delle Persone, dei loro problemi,del loro presente e del loro futuro? Dalle liste e da tutti gli incarichi cacceremo quelli che hanno fatto della politica un mestiere, dell’etica un optional, dell’appartenenza partitica un mezzo con cui riunirci in greggi da svendere al mercato dell’ interesse privato? Questo è il problema, questa è la sfida che ci impongono i cittadini.
Se sarà così, se cambieremo prima di tutto noi stessi, riuscendo di nuovo a fare davvero politica questo avrà un senso per tutti, non solo per noi; ci giudicheranno sulla base della nostra volontà di ascoltare e di occuparci della politica non come un mestiere ma come un servizio pro tempore. Verremo giudicati non solo sulle proposte che faremo, ma anche e sopratutto sull’onestà e sulla coerenza con cui le porteremo avanti perseguendo le idee e gli ideali di cui parliamo; ritroveremo la stima dei nostri elettori, e dei cittadini, dimostrando nei fatti che siamo i primi a fare sacrifici quando li chiediamo agli altri, che siamo i primi nel rispondere ai doveri che valgono per tutti, non a fruire di diritti che valgono solo per noi.
Se non sarà così, possiamo anche smettere di perdere tempo: ratifichiamo i nuovi organismi per acclamazione, e continuiamo a stare nei nostri scompartimenti stagni di prima classe extralusso. Ma non illudiamoci che continueranno a votarci.Questa è l’ultima stazione: o scendiamo dal treno ad ascoltare le persone e ad invitarle a fare il viaggio insieme a noi facendogli posto nel vagone, oppure prima o poi la Locomotiva ci verrà addosso: non ci sarà più nessuno disposto a deviarne la corsa.

Gianstefano Monni

martedì 26 giugno 2007

Riforme e Consenso:istruzioni per l'uso

Dall''elettore al telespettatore, ovvero come si è passati dalla ricerca del consenso alla conquista dello share.

Il consenso dei cittadini spesso è ignorato, presunto, dato per scontato. Nel migliore dei casi viene ricercato a posteriori attraverso sondaggi demoscopici, quando l'atto politico/di governo è già stato posto in essere. Si ricorre ai sondaggi d'opinione perchè non si ha più il polso della base elettorale, i partiti sono talmente lontani dai propri elettori che, per sapere quello che pensano, devono fargli telefonare da un istituto di ricerca escludendo in questo modo la possibilità (e il rischio) che le persone dicano quello che pensano realmente, incasellando la critica in un test a risposta chiusa. Dalla ricerca del consenso siamo passati alla conquista dello share trasformando l'elettore in spettatore, l'iscritto al partito in consumatore al mercato della politica, il militante in cliente: abbiamo svilito le tessere e l'appartenenza ai partiti per sostituirle con un telecomando. E il cittadino, giustamente, ha la sensazione che, in fondo, in tutti i canali ci sia sempre lo stesso programma perchè qualcuno ha deciso, sulla sua testa, cosa valga la pena trasmettere e cosa no. E che questo programma sia solo una scusa per vendergli a carissimo prezzo qualcosa che non gli serve.
In molti casi, a tutti i livelli, è accaduto che la riforma di turno sia stata pianificata, programmata, eseguita, e solo successivamente si sia ricercato il consenso degli elettori a supporto di un atto che è vissuto "di vita propria". E' emblematico il caso del termovalorizzatore di Ottana, in cui la Giunta Regionale ha individuato, a torto o a ragione non è questa la sede per discuterne, la necessità di costruire un Termovalorizzatore a Ottana, stabilendo linee guida, indicendo un bando per la progettazione, e aggiudicandolo. A questo punto, e solo a questo punto, si è ricercato il consenso dei cittadini che non sono stati interpellati nelle fasi preliminari. Questo metodo, oltre ad essere offensivo per la dignità dei cittadini elettori, è anche fallimentare sul piano dell'efficacia dell'azione politica: gli esclusi infatti percepiscono, giustamente, questa ricerca di consenso come un atto puramente formale, e ovviamente si uniscono in comitati "contro". E l'essere contro il termovalorizzatore si traduce poi nell'essere contro l'azione politica in toto, e contro i partiti che la portano avanti.
E' compito degli organismi politici/amministrativi informare correttamente e in modo equo i cittadini sulle motivazioni dell'azione politica/di governo. Occorre confrontarsi con le persone e stabilire un rapporto diretto con loro: spiegare le ragioni per cui si decide di compiere un atto, ed elencarne i benefici, ma anche i rischi; le opportunità, ma anche le minacce. E occorre, sopratutto, ascoltare le obiezioni, soppesarle, confrontarsi con gli elettori che dissentono ed eventualmente modificare l'azione politica. Il consenso, così come il dissenso, deve essere informato, motivato: la ricerca del consenso è molto più complessa ed articolata rispetto a quanto si può incasellare in un sondaggio d'opinione. Ascoltare richiede tempo, passione e disponibilità al confronto. E senza confronto non ci può essere consenso. Al termine del confronto può anche essere necessario andare avanti, ma questo deve essere fatto solo dopo aver ascoltato gli elettori, i cittadini, le persone.
Nessuno deve avere l'idea che la propria opinione non venga neanche ascoltata, e che comunque non conti. E' questa convinzione, infatti, che ha minato le radici del rapporto tra partiti e cittadini, che ha reso le persone apatiche, se non ostili, nei confronti di una classe politica diventata elitaria e estranea ad ogni rapporto con il mondo reale. Ed è questa convinzione che occorre eliminare stabilendo un rapporto diretto con gli elettori, senza mai stancarsi di parlare e spiegare, ma, sopratutto, senza mai stancarsi di ascoltare ed agire di conseguenza.

Gianstefano Monni

CONTRIBUTI E RIFLESSIONI PER UN PARTITO VERAMENTE NUOVO
In questa sezione ognuno di noi può postare le sue riflessioni, i suoi scritti, i suoi suggerimenti sulla forma, il modus operandi, le caratteristiche che il PD dovrebbe avere per essere veramente nuovo. I contributi postati sono emendabili, integrabili, e anche criticabili.

QUALE SINISTRA? (Quantità e qualità della sinistra in un partito "di massa")

Nel generale rimescolamento di dichiarazioni e posizionamenti seguito all'accelerazione sulla formazione del nuovo soggetto, mi ha colpito un concetto in particolare.
Esiste un punto di vista, ingenerosamente attribuito solo alla cosiddetta "sinistra radicale", ma che è più in generale attribuibile ai soggetti di sinistra che non si impegnano direttamente perchè la politica è un affare per pochi (sporco, per giunta),e che sono sempre "più a sinistra di qualcuno", e magari per effetto della sindrome di Cristoforo Colombo a forza di spingersi a sinistra percorrono l'orbe della politica fino a ritrovarsi a destra.
Il punto di vista è il seguente:
l'esperienza del Partito Democratico è nei fatti inutile poichè non vi è abbastanza sinistra nelle sue premesse e nella sua composizione; o perlomeno non c'è tutta la sinistra che serve al nostro Paese per affrontare una nuova fase di riforme vere e di sostanza.
A parte le considerazioni accessorie su questa posizione , paragonabile nel funzionamento causa-effetto a quella di una ragazza che ti dice "Ti lascio perchè non voglio farti soffrire", resta il dubbio se sia veramente importante la quantità di sinistra da "portare" nel nuovo soggetto, o se non sia piuttosto un problema di qualità della sinistra.
L'interrogativo è angosciante anche perchè, come le ciliegie, se ne tira dietro tanti altri a catena.
Il primo è: la qualità della sinistra espressa fino ad oggi, stante anche l'azione di governo espressa sia a livello locale che nazionale, è a livello delle ambizioni che la classe dirigente ha di proclamarsi "riformista" o "riformatrice" o "progressista"?
Posto che la risposta al quesito è necessariamente NO, cerchiamo di capire quale potrebbe essere la "forma" della sinistra capace di garantire qualità, e quindi riforme.
Innanzitutto se vogliamo riferirci a esperienze concrete possiamo senz'altro dire, come tanti notisti politici fanno notare da mesi, che i soggetti capaci di fare le riforme sono coloro i quali governano le situazioni per come si presentano e non per come si vorrebbe che fossero. Infatti, un deficit tipico della nostra classe politica è quello di appellarsi di volta in volta al programma di governo, per fregiarsi della patente di riformista, cosa che serve per alimentare visibilità, rendite di posizione e potere ricattatorio.
Emerge tra l'altro in questo frangente come questi comportamenti siano appannaggio tanto della sinistra radicale, tanto di forze cosiddette "moderate", in ultima analisi accomunate da percentuali elettorali piuttosto che da identità di vedute.
Ecco, il potenziale riformista dell'azione di governo, già di per sè ridotto a causa della "condizione Italia" che non consente interventi immediati, viene ulteriormente smembrato proprio a causa dell'incapacità "strutturale" di calibrare le riforme alla situazione oggettiva del Paese da parte dei nostri esponenti al governo: Politica estera,Tesoretto, Scalone delle pensioni, DICO, Liberalizzazioni sono vicende di governo esemplificative del pauroso deficit di cultura di governo nel centro sinistra.
Detto ciò personalmente non credo che un maggior tasso di sinistra in termini di "quantità", avrebbe sortito effetti migliori, dal momento che il compianto Berlinguer affermava, a ragione, che in Italia la sinistra non avrebbe governato neanche con il PCI al 51%.
Resta ora da proporre un esempio di sinistra di qualità; cosa non facile, dal momento che, come disse qualcuno, è molto facile dire cosa non vogliamo (un approccio simile alla formula battesimale del "rinuncio"?)ma è molto più difficile dire come vogliamo essere (in questo, ha ragione Rossana Rossanda, il PD è molto indietro).
Proviamo a rifletterci, però, magari per punti. Partiamo sciogliendo l'equivoco che spinge alcuni politici a confondere confronto, mediazione, compromesso, ricatto.
  • La mediazione assurge ad arte della politica quando sono chiari gli ambiti della mediazione. Esempio: sul territorio non si può mediare - Alta Velocità, MOSE, PPR Sardegna, Termovalorizzatore Ottana,
  • Le riforme in sè richiedono un sacrificio. La riforma è tale se lede interessi particolari in nome dell'interesse collettivo. Il PD deve avere la capacità di mirare all'interesse collettivo anche a costo di ledere interessi particolari (vedi post su riforme e consenso).

Tore Dessena



lunedì 25 giugno 2007

"Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai. Il vorticoso succedersi delle rivendicazioni, la sensazione che storture, ingiustizie, zone d’ombra, condizioni d’insufficiente dignità e d’insufficiente potere non siano oltre tollerabili, l’ampliarsi del quadro delle attese e delle speranze all’intera umanità, la visione del diritto degli altri, anche dei più lontani, da tutelare non meno del proprio, il fatto che i giovani, sentendosi ad un punto nodale della storia, non si riconoscano nella società in cui sono e 1a mettano in crisi, sono tutti segni di grandi cambiamenti e del travaglio doloroso nel quale nasce una nuova umanità. Vi sono certo dati sconcertanti, di fronte ai quali chi abbia responsabilità decisive non può restare indifferente: la violenza talvolta, una confusione ad un tempo inquietante e paralizzante, il semplicismo, scarsamente efficace di certe impostazioni sono sì un dato reale ed anche preoccupante. Ma sono, tuttavia, un fatto, benché grave, di superficie. Nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia. Di contro a sconcertanti e, forse, transitorie esperienze c’è quello che solo vale ed al quale bisogna inchinarsi, un modo nuovo di essere nella condizione umana.

E’ l’affermazione di ogni persona, in ogni condizione sociale, dalla scuola al lavoro, in ogni luogo del nostro Paese, in ogni lontana e sconosciuta Regione del mondo; è l’emergere di una legge di solidarietà, di eguaglianza, di rispetto di gran lunga più seria e cogente che non sia mai apparsa nel corso della storia. E, insieme con tutto questo ed anzi proprio per questo, si affaccia sulla scena del mondo l’idea che, al di là del cinismo opportunistico, ma, che dico, al di là della stessa prudenza e dello stesso realismo, una legge morale, tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica, perché essa non sia ingiusta e neppure tiepida e tardiva, ma intensamente umana".

Dal discorso di Aldo Moro al Consiglio nazionale della Dc del 21 novembre 1968

venerdì 22 giugno 2007

Questo è il regolamento che vorrei...

Le tre leggi della politica:
  1. Ogni eletto deve perseguire la legalità in ogni sua azione
  2. Ogni eletto deve rendere conto ai propri elettori di ogni sua azione, se questo non contrasta con la prima legge
  3. Ogni eletto deve perseguire il raggiungimento dei punti del programma per cui è stato votato, se questo non contrasta con la prima e con la seconda legge

Le tre leggi di attribuzione degli incarichi:
  1. qualunque incarico, a qualunque livello, deve essere abbandonato dopo due mandati
  2. Non sono ammesse deroghe a nessun titolo, per nessun livello e tipo di incarico.
  3. la posizione della candidatura all'interno della lista non ha alcun valore ai fini dell'eleggibilità: ciò che conta ai fini dell'eleggibilità sono unicamente i voti presi dal candidato e dalla lista cui appartiene
  4. per gli incarichi che non prevedono votazione: ogni incarico deve essere assegnato alla persona che presenta le migliori competenze, ovvero che possa certificare attraverso il proprio Curriculum di essere in grado di svolgere meglio delle altre il compito in questione.

Le due leggi di composizione delle liste:
In ogni lista:
  1. almeno la metà devono essere donne
  2. almeno un terzo deve avere meno di quarant'anni
  3. Per quanto al punto 2, almeno un terzo del bilancio del partito deve essere destinato alla formazione politica e all'aggiornamento dei giovani dirigenti, mediante corsi, seminari, iniziative che vedano la partecipazione di funzionari, enti, istituzioni, istituti di ricerca, e quant'altro si renda utile alla formazione delle classi dirigenti del futuro.

Le tre leggi di composizione degli Organismi Direttivi:
  1. per gli organismi direttivi valgono le leggi precedentemente citate
  2. l'incarico di segretario di circolo/federazione/regione è incompatibile con l'incarico amministrativo di sindaco/governatore/presidente/assessore di qualsiasi Ente
  3. nomine e incarichi si decidono solo in segreteria o in direttivo attraverso votazione segreta dei componenti e verbali che vengono pubblicati o affissi in sede

Sui rapporti tra mercato e politica:
la politica definisce le leggi che regolano il mercato, eventualmente con l'aiuto di autorità garanti. Gli operatori del mercato agiscono su di esso autonomamente, vincolati dalle regole stabilite dalla politica. Ogni atto di indirizzamento degli operatori, se legale, può essere fatto solo in modo palese attraverso le autorità garanti. Qualunque cittadino eletto di cui venga dimostrato il tentativo di indirizzare il mercato in modo autonomo ed illegittimo decade immediatamente dal suo incarico.

Politica e legalità:
qualunque cittadino eletto, condannato con sentenza passata in giudicato, decade immediatamente dall'incarico. Se il reato per cui è condannato riguarda l'esercizio delle funzioni istituzionali è tenuto a rimborsare quanto percepito durante il mandato, e quanto versato ai fini previdenziali viene escluso dal calcolo della pensione e destinato ad altri usi.

Sui costi della politica:
decade il diritto a percepire la pensione e ogni altra indennità legata al termine del mandato. La pensione dei cittadini eletti viene calcolata sulla base dei contributi versati, come per ogni altro cittadino.






Copio ed incollo dal sito di latinoamerica
LULA A TUTTO CAMPO: GLI STATI UNITI, IL VENEZUELA E L'AMERICA LATINA

Gennaro Carotenuto
(11 giugno 2007)

Il Presidente brasiliano Luíz Inácio "Lula" da Silva, in un'intervista esclusiva concessa ad Al Jazeera di passaggio a Londra dopo aver partecipato al G8, ha accusato il governo degli Stati Uniti di aver partecipato ai colpi di Stato in America Latina, di aver tentato di rovesciare il Presidente venezuelano Hugo Chávez, e di non avere una buona disposizione verso lo sviluppo del continente

Lula, pur ribadendo le buone relazioni istaurate con Bush, si è mostrato duro con il governo degli Stati Uniti: "Non ho mai visto una politica americana per contribuire allo sviluppo dei paesi più poveri del continente. Ed è per questo che l'intera regione latinoamericana si vede come antagonista del governo statunitense. Inoltre, l'immagine degli Stati Uniti, dal Vietnam, all'Iraq, alla Baia dei Porci a Cuba, è conflittuale. I golpe militari -ha dichiarato Lula- avvenuti in tutta l'America Latina, cito quelli in Cile, Argentina, Uruguay e Brasile solo per fare alcuni esempi, contarono con il rilevante appoggio della politica estera statunitense".

Lula, considerato il leader della sinistra moderata nel continente -e perciò messo in contrapposizione al Presidente venezuelano Hugo Chávez- non poteva non toccare il tema delle relazioni difficili tra Venezuela e Stati Uniti. Secondo il Presidente brasiliano queste "potranno migliorare solo quando negli Stati Uniti ci sarà un altro presidente" giacché "sono stati i nordamericani a tentare di rovesciare Chávez". Tuttavia per Lula "è divertente che entrambi i presidenti litighino continuamente, visto che George Bush ha bisogno del petrolio venezuelano e Chávez ha bisogno di venderlo agli Stati Uniti". Al di là di tutto, sia gli Stati Uniti che il Venezuela sono paesi amici per il Brasile, e Lula spiega gli attuali contrasti con l'eccessiva ingerenza statunitense nella vita politica venezuelana, soprattutto in materia petrolifera. Interrogato sulle sue relazioni con Chávez, ha risposto che è "un amico e un compagno" ed ha accusato la stampa brasiliana e internazionale di vedere conflitti col Venezuela dove non ci sono, per esempio in materia di bioetanolo, del quale il Brasile è già tra i primi produttori mondiali. Prima della partenza per l’Europa, Lula, che sta creando per la prima volta nella storia del Brasile una televisione pubblica, aveva considerato “pienamente legittima e democratica” la decisione di Chávez di non rinnovare la licenza al canale televisivo commerciale RCTV, che il senato brasiliano aveva invece censurato.

Nella parte finale dell'intervista, Lula si è dedicato ai negoziati di Doha dell'organizzazione mondiale per il Commercio. "Il momento è adesso, soprattutto per l'Africa. L'Europa deve liberalizzare l'entrata di prodotti agricoli dai paesi poveri, gli Stati Uniti devono ridurre i loro sussidi agricoli, e noi dovremo essere flessibili su servizi e prodotti industriali. Se non troveremo un accordo sarà un atto di codardia politica e -tuona Lula- sarà inutile parlare di terrorismo, se si impedisce ai paesi poveri di svilupparsi".

Crozza - D'Alema

Benigni sulla maturità: Berlusconi e Partito democratico

Marco Travaglio 2007-Annozero-Prioritaria a Indro Montanelli

Marco Travaglio2007-Annozero-Prioritaria a Marini-Bertinotti

Un inedito Bersani

giovedì 21 giugno 2007

il Pantheon del PD

Fassino canta da Fiorello con ventiquattromila voti...

mercoledì 20 giugno 2007

Laicità

Nuovi steccati tra laici e cattolici? Padre Sorge: non ce n’era bisogno

Da La Nuova Sardegna del 28 Maggio 2007

di Nino Bandinu


NUORO. Torna a Nuoro padre Bartolomeo Sorge e ci torna dopo 15 anni, su invito del Centro studi Lazzati, per parlare di laici e cattolici nella Chiesa e nella societ‚à moderma. Allora in piena Tangentopoli restƒò agli annales questa sua famosa frase «La Dc è€ meglio che muoia» e il gesuita lasciò sbalordita la platea. Ma oggi torna per parlare d'altro, soprattutto della crisi dei laici, della famiglia, e del sistema dei valori nella societ‚à moderna.
Un tema di grande attualità‚, una sfida grande per tutti, compresa la sua Chiesa. Una Chiesa ormai senza profeti.
Quale riflessione, quali segnali allora dare al mondo dei laici disorientati anche nella grande ecclesia romana?
Parte da qui il gesuita della primavera antimafia di Palermo ai tempi di Falcone, Borsellino e padre Pintacuda, per affermare subito che il «vero problema oggi €è la contrapposizione tra laici e cattolici».
Un contrasto che sembrava «fuori della storia» ma che pure è€ tornato, sollevando nuovi steccati storici. «Si è€ tornati a un clima di cui l'Italia non aveva certo bisogno» osserva padre Sorge. Mentre oggi il problema vero €è quello di «fare unità‚ nella pluralità‚». Insomma, questa €è la vera sfida del nuovo millennio: «E noi dunque dobbiamo trovare ciƒò che ci unisce».
Detto questo, perƒò, il gesuita ex direttore di Civiltà‚ cattolica e attuale direttore di Aggiornamenti sociali aggiunge un'altra grande questione: «Ripensare la laicità‚». Per arrivare a una «laicit‚à pi„ù matura» e superare il nuovo confessionalismo, soprattutto quello ideologico dei «piccoli partiti» spesso dogmatici e radicali.
«Se non si ripensa la laicità, non si potr‚à più„ neanche governare», sentenzia a questo punto il vecchio gesuita, che passa a ricordare un Enrico Berlinguer inedito e laico in tempi di dogmatismo filosovietico.
«Un giorno Berlinguer mi disse: farƒò di tutto perchè€ il Pci diventi laico» racconta padre Sorge anche allora non colse subito il significato di quelle parole. Ma subito dopo arrivƒò lo strappo da Mosca. E capì.
Lasciamo Berlinguer e si torna alla contrapposizione tra «laici e cattolici». Ma dove quando sono nati questi steccati? Cos'è cambiato anche nella Chiesa?
La Chiesa ha attraversato «tappe diverse e importanti» e padre Sorge non esita a metterle tutte in fila. Tre tappe precisamente.
La prima è€ stata tracciata da Paolo VI quando ebbe a dire che la missione della Chiesa nella storia era di«ordine religioso» e non politico. Fu l'inizio della fine del «collateralismo con la vecchia Dc». E ciòƒ segnƒò profondamente quegli anni. Ma quella «missione» non venne perƒò accettata da tutti, perch€è tradiva una profonda «sfiducia» nella politica.
Con quella scelta comunque Paolo VI pose la Chiesa fuori dagli steccati politici: «La Chiesa sopra le parti» sottolinea padre Sorge. Il convegno del 1976 segnòƒ infatti uno vero spartiacque per la «evangelizzazione e la promozione umana» ricorda il gesuita, che passa subito alla seconda tappa: quella tracciata da Giovanni Paolo II.
«Un vero gigante» afferma padre Sorge. Un gigante che spostòƒ l'asse e propose una Chiesa anche come «forza sociale» con chiara «funzione di guida» e garante della «cultura popolare».
La svolta venne sancita al convegno di Loreto.
«Notammo il cambiamento, ma restammo freddi» ricorda ancora il padre gesuita. Il papa aveva appena parlato «ma l'applauso non veniva giù„». C'era disorientamento. Poi peròƒ cominciƒò la fase concreta e la «cultura della presenza» dei cattolici nella società‚ subentròƒ alla «cultura della mediazione» politica. La Chiesa così cominciƒò a dialogare direttamente con lo Stato e i governi senza pi„ù delegare nulla alla politica. Soprattutto i vescovi e la loro Cei.
Padre Sorge sottolinea questa seconda tappa con questa formula: «Presenza senza mediazione». Insomma dopo il convegno di Loreto tornano in primo piano i vescovi e la Cei cominciƒò a trattare direttamente con lo Stato. E' in questo clima di svolta che €è maturato l'«irrigidimento tra le forze in campo».
E lo scontro ancora continua.
La terza tappa infine viene segnata dal papa nuovo, Benedetto XVI, quando al convegno di Verona va «oltre Paolo VI e Giovanni Paolo II». Ratzinger introduce infatti la nuova linea della «Testimonianza nella carit‚à» e per chiarirla meglio fa due esempi: «la scelta dei poveri e l'assunzione di responsabilità dei laici».
La Chiesa insomma mitiga la forza trainante dell'impegno politico e rimette al centro i poveri. Non è€ pi„ù soggetto politico. I laici comunque saranno impegnati nei servizi civili e politici. E' il ritorno della mediazione politica dei laici? Forse.
Ma così la Chiesa di Ratzinger non fa un passo indietro?
«No, è€ un passo in avanti, la sintesi che fa Ratzinger €è in avanti» precisa il gesuita, perch€è la scelta €è di «ordine religioso» e allo stesso tempo rivaluta i «laici nella società‚».
Ma che c'entra in tutto questo la famiglia? Perchۏ i nuovi steccati si sollevano intorno a questa? La crisi della famiglia non arriva certo dalle coppie o dalle unioni di fatto, ma da ben altro.
Il gesuita annuisce e con calma precisa. Esistono due tipi di crisi: una «crisi congiunturale e una crisi antropologica e strutturale». E in quest'ultima lui inquadra la crisi della famiglia, ma anche quella della scuola, della politica e della cultura: tutto nella grande crisi strutturale e antropologica, quella che per essere chiari viene definita «postmoderna» e che arriva dopo la civilt‚à industriale.
La crisi della famiglia è€ dunque una parte della «crisi strutturale» per padre Sorge, che per spiegarsi meglio ricorre all'esempio classico del palazzo. «E' come in una casa - precisa - se la lesione interessa solo una parte, un muro, il tetto, si puƒò aggiustarla. Ma se cedono le fondamenta, non c'è€ più„ niente da fare». La crisi della nostra epoca €è così: parte dalle fondamenta e mette in discussione tutto. Anche la famiglia.
Chiarissimo. Ma quanta consapevolezza c'€ di questo tra i laici e nella stessa Chiesa?
Il gesuita riflette poi risponde: «Non siamo del tutto consapevoli. Trattiamo questa crisi, come pi„ù grave di tante altre», ma non tutti sono consapevoli che i «vecchi modelli non servono più„». Insomma si viaggia senza modelli e come diceva Machado la strada si fa solo con l'andare.
Ma qui padre Sorge apre una parentesi e torna alla storia dell'umanit‚à per individuare quattro grandi crisi strutturali e antropologiche che hanno sconvolto culture, modelli e costumi del mondo: la caduta dell'impero romano, la grandi scoperte geografiche, la rivoluzione francese e l'ultima post industriale e postmoderna.
Noi viviamo in ques'ultima crisi: noi, la famiglia e la società. E di fronte a questa crisi certi modelli sono obsoleti. Basti pensare alla crisi nell'educazione: «I figli non ascoltano i genitori e gli alunni i professori» schematizza il gesuita. Che ripete ancora: «I vecchi modelli sono in crisi, non servono più„». I nuovi modelli allora saranno inediti, verranno in forme nuove dalla crisi che stiamo vivendo? Padre Sorge annuisce ancora e conferma.
Ma la Chiesa si trova gi‚à in questa strada? Breve pausa, poi il finale: «La Chiesa non è €ferma, ma il passo non mi sembra quello della storia. Noi crediamo comunque che Dio guidi questa nostra Chiesa...»