lunedì 9 luglio 2007

Termovalorizzatori...

L'inceneritore di Ottana

Parte I - Cinque fatti sull'incenerimento dei rifiuti.

Dopo la delibera della RAS in cui, di fatto, si dà il via al progetto del Termovalorizzatore di Ottana, molti sono quelli che si sono schierati contro l'impianto e molti sostengono che comunque una soluzione per lo smaltimento dei rifiuti debba essere trovata. E' evidente che il tema dei rifiuti va affrontato seriamente e che un'amministrazione consapevole deve valutarlo in tutti i suoi aspetti. L'uso del termovalorizzatore non come sostituivo della raccolta differenziata ma come ultimo anello della catena dei rifiuti per eliminare ciò che non si riesce a riciclare può apparire interessante, ma sul tema ci sono diverse questioni aperte. Quello che segue è un tentativo, indipendente, di capire come stanno le cose.


In pratica un termovalorizzatore è un inceneritore che brucia il residuo non riciclabile dei rifiuti, chiamato CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti) recuperando parte dell'energia termica generata nella combustione e convertendola in energia elettrica da immettere nella rete di distribuzione. Per fugare ogni dubbio, è bene dire che la termovalorizzazione richiede l'incenerimento. Per questa ragione, in questo articolo, termovalorizzatore e inceneritore sono da considerarsi sinonimi, così come sono sinonimi termovalorizzazione e incenerimento. Per evitare confusione da questo momento in poi si useranno solo i termini inceneritore e incenerimento.


Sul tema dell'inceneritore di Ottana esistono diverse questioni aperte. Una possibile divisione in gruppi:

  1. Questioni sul processo di incenerimento in quanto tale
  2. Questioni circa le biomasse e l'energia prodotta
  3. Dubbi sulla scelta di Ottana e sul metodo scelto dalla Giunta Regionale
In ultima analisi, occorre chiedersi se l'incenerimento è l'unica tecnica possibile per smaltire i residui non differenziabili dalla raccolta dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU).


Il processo di incenerimento.

  1. E' vero che durante la combustione vengono generati dei gas (in particolare diossine)?
  2. E' vero che dai filtri, insieme ai gas, fuoriescono anche delle nanoparticelle che sono pericolose per la salute?
  3. Esistono prove serie e studi attendibili che mettano in relazione la presenza degli inceneritori e danni alla salute?
  4. Per ogni tonnellata di CDR, circa 250 Kg sono di ceneri altamente tossiche. Cosa ne facciamo delle ceneri, come le smaltiamo e dove ?
  5. Il Termovalorizzatore di Brescia, citato ad esempio è davvero così esemplare


1. Durante l'incenerimento vengono generati dei gas che vengono emessi nell'aria, dopo essere stati filtrati. Il filtraggio di questi gas non azzera, in nessun caso, la diossina che quindi, insieme ad altri veleni, si ritrova nell'aria: dall'aria decade sul terreno, ed entra nella catena alimentare. Anche usando come riferimento un documento certamente non di parte nè schierato contro gli inceneritori quale il rapporto delle migliori tecniche (BAT, Best Available Techniques) per l'incenerimento dei rifiuti redatto nell'Agosto 2006 dalla Commissione Europea, risulta comunque che nel processo di incenerimento vengono emesse diossine nell'aria. Inoltre l'Unione Europea, in un documento intitolato Inventario europeo delle diossine, stima che il trattamento dei rifiuti (e in particolare l'incenerimento) e il settore industriale (in particolare il siderurgico) sono i massimi responsabili dell'emissione in atmosfera di diossine: «Nonostante i considerevoli sforzi degli ultimi anni per ridurre le emissioni degli inceneritori di rifiuti solidi urbani questo tipo di fonte continua a dominare l'immissione di diossine in atmosfera».
Occorre notare che la diossina, a causa dell'alta affinità per le sostanze grasse, entra nella catena alimentare: in virtù di questa proprietà, la diossina emessa nell'ambiente dall'inceneritore di Ottana si concentrerebbe nella catena alimentare, ad esempio nella filiera latto-casearia: il latte (e tutti i suoi derivati, ovviamente) prodotti da bestiame che si ciba di foraggi provenienti da zone in cui ci sono ricadute di diossina conterranno diossina. L'emissione di diossina attraverso l'incenerimento è un fatto.

2. Quando una sostanza organica (contenente principalmente carbonio, azoto, idrogeno, e ossigeno) brucia vengono rilasciate molecole più piccole e generalmente biodegradabili (anche se inquinanti). Se la sostanza contiene anche una frazione rilevante di materiali inorganici (come dei metalli), i prodotti della combustione possono portare, specialmente se ad alte temperature, ad aggregati atomici e leghe metalliche , che non sono biodegradabili, e vengono disperse in ambiente sotto forma di aerosol. Questi aggregati hanno una dimensione dell'ordine dei nanometri (miliardesimi di metro), da cui il nome nanoparticelle.

Le nanoparticelle possono ritrovarsi un po' ovunque, nello scatolame a causa della sua usura, in alcuni farmaci come eccipienti, nel fumo di sigaretta e degli inceneritori, nel pesce di mare, in prossimità di vulcani: la lista è potenzialmente infinita. La presenza delle nanoparticelle nel fumo che fuoriesce dagli inceneritori non è in discussione, è un dato di fatto: nel già citato rapporto della Commissione Europea sulle BAT per l'incenerimento, nel par. 3.2.2.1, vengono individuati oltre 20 sostanze diverse che vengono emesse nell'aria. Tra queste, oltre la diossina, sono presenti il Cadmio, l'Arsenico,il Piombo, il Cobalto, il Cromo e il Mercurio. Parecchi di questi elementi (cadmio, arsenico ecc.) sono cancerogeni noti o sospettati; altri sono noti per la loro neuro-tossicità. Gli ossidi di azoto e l’ozono che ne deriva agiscono sull’apparato respiratorio e cardiovascolare favorendo patologie infiammatorie e degenerative. L'emissione di nanoparticelle (particolato) di metalli pesanti e cancerogeni attraverso l'incenerimento è un fatto.


3. Riguardo agli studi che mettano in relazione inceneritori e salute umana, esistono centinaia di articoli nella letteratura scientifica. Tra i più recenti:
  • nell'International journal of hygiene and environmental health, del Maggio 2007 viene riportato un articolo scritto da ricercatori dell' Istituto di Medicina Preventiva, Facoltà di Medicina, Università di Lisbona. Nello studio, relativo ai livelli di cadmio, mercurio e piombo osservati nella popolazione umana vicina a due inceneritori si conclude che "paragonati con i dati di riferimento in condizioni simili, i livelli osservati di cadmio, piombo e mercurio presenti nel sangue, sembrano essere relativamente più alti, sia per i valori medi che per quelli estremi"
  • nella rivista italiana di Epiemiologia e prevenzione di Maggio-Giugno 2006, viene pubblicato uno studio del Dipartimento di medicina ambientale, Università di Padova in cui si osserva nella popolazione femminile di Venezia e Mestre un "eccesso statistico del Sarcoma ai Tessuti molli tra le donne nella categoria a più alta esposizione" e questo viene messo in relazione all'esposizione ambientale.
  • nella rivista italiana di Epiemiologia e prevenzione di Luglio-Agosto 2005 viene pubblicato uno studio dell'UO Biostatistica, CSPO,Istituto scientifico Regione Toscana e Dipartimento di statistica G. Parenti, Università di Firenze, in cui emerge che nel periodo 1986-1992 si è osservato nella zona di Campi Bisenzio un picco localizzato di morti per il linfoma non-Hodgkin tra la popolazione maschile. Nello stesso comune, un inceneritore di rifiuti urbani era operativo dal 1973 al 1986, quando è stato chiuso si sono rilevate le prove di contaminazione di diossina nel suolo
  • nell'Emidemiology Journal del Maggio 2004 viene riportato uno studio dell'Istituto Nazionale di salute Pubblica giapponese fatto sugli inceneritori in Giappone (ad alto contenuto tecnologico). Nell'articolo si legge che nella zona osservata, con tutte le cautele del caso, si osserva una diminuzione del rischio delle morti tra i nenonati con l'aumento della distanza dall'inceneritore. Ovvero, più si vive vicini all'inceneritore (con un picco tra 1-2 Km) e più si rischia di osservare morti tra i neonati.
In pratica, vicino agli inceneritori, sono a rischio i neonati, le donne e gli uomini... L'entità del rischio non è ancora stata quantificata esattamente, ma il rischio per la salute legato alla presenza di un inceneritore è un fatto.

4. Riguardo alle ceneri.
Per ogni tonnellata di rifiuti incenerita si ha un aumento dei volumi, ottenendo:
- Una tonnellata circa di emissioni gassose dai camini
- Circa 250 Kg di scorie e ceneri tossiche
La presenza dell'inceneritore di Ottana richiede lo smaltimento di circa 25.000 t/anno di rifiuti speciali. In trent'anni ci saranno 750.000 t di rifiuti speciali da portare in discarica, e in Sardegna non esiste discarica in grado di ospitare un quantitativo così elevato di questo materiale: per accogliere questo tipo di materiale di scarto occorrono infatti discariche speciali che diano garanzie di totale sicurezza ambientale.
A tale proposito si osservi che nel "Rapporto sullo stato di salute dei residenti nelle aree con siti industriali, minerari o militari in Sardegna, Italia" commissionato dall'Assessorato alla Sanità Regionale emerge che, nelle aree industriali, la compromissione dello stato di salute delle popolazioni coincide con le attività ad alta produzione di rifiuti speciali. Aumentare quindi la produzione di Rifiuti speciali, costuisce un elemento di rischio per tutte quelle popolazioni che si troveranno a risiedere in prossimità delle zone in cui i rifiuti verranno stoccati. Certo, le ceneri si possono trasportare e portare in una discarica (a pagamento), ma noi viviamo in un'isola: per trasportare le ceneri occorre usare le navi (gli aerei sarebbero troppo rischiosi), e questo implica elevato rischio ambientale e elevati costi di smaltimento, probabilmente a carico della collettività. La necessità di un corretto smaltimento delle ceneri tossiche è un fatto.

5. Riguardo all'inceneritore di Brescia.
In prossimità della città, c'è uno degli inceneritori più grandi d'Europa (ca. 750.000 tonnellate l'anno: il triplo di quello di che si vorrebbe costruire a Ottana) che soddisfa da solo circa un terzo del fabbisogno di calore dell'intera città (1100 GWh/anno) e che, nonostante sia stato oggetto di diverse procedure di infrazione da parte dell'Unione Europea, nell'ottobre 2006 è stato proclamato «migliore impianto del mondo» dal Waste to Energy Research and Technology Council, un organismo indipendente formato da tecnici e scienziati di tutto il mondo e promosso dalla Columbia University di New York; ha suscitato però "qualche" perplessità il fatto che questo organismo annoveri tra gli "enti finanziatori e sostenitori" la Martin GmbH, che è tra i costruttori dell'inceneritore premiato. L'impianto di Brescia non è così bello come qualcuno lo dipinge, anche questo è un fatto.

Nei prossimi due articoli verranno analizzate le questioni relative alle biomasse e all'energia prodotta, alla scelta di Ottana come sede; verrà infine proposta una possibile alternativa all'incenerimento dei rifiuti.


Gianstefano Monni







Rapporto sullo stato di salute dei residenti nelle aree con siti industriali, minerari o militari in Sardegna, Italia

[AVVERTENZA DI CHI NE HA CURATO LA TRADUZIONE
: Questo articolo è stato pubblicato in italiano nel febbraio 2006 nella rivista Epidemiologia e Prevenzione. Tuttavia io l'ho recuperato, su Internet, solo in inglese e ho cercato di tradurlo nel modo più accurato possibile, comunque non essendo io nè un medico nè un esperto di statistica non posso garantire sulla correttezza della traduzione. Consiglio quindi le persone realmente interessate a consultare direttamente l'articolo in inglese. ]


Autori:
· Biggeri A,
· Lagazio C,
· Catelan D,
· Pirastu R,
· Casson F,
· Terracini B.

Dipartimento di statistica G Parenti, Università di Firenze. abiggeri@ds.unifi.it


Il lavoro descritto nel presente rapporto è stato richiesto dalla Direzione D’Igiene, salute e Benessere sociale della Regione Sardegna (Italia).

È stato portato a termine dall’osservatorio epidemiologico Regionale sotto il controllo dell’ESA (Epidemiology Development and Environment) e con il supporto dell’Unione Europea. Diciotto aree (per un totale di 73 comuni) sono state identificate a priori come “potenzialmente inquinate”, prendendo in considerazione una popolazione di 917.977 persone nel censimento del 2001 (56% della popolazione sarda). Le aree sono state individuate dopo la città più importante così come indicato sotto (tra parentesi i dati arrotondati della popolazione del 2001), le attività industriali più importanti sono indicate brevemente.


Aree industriali:

  • Portoscuso (59.000): preparazione di alluminio e altri metalli, fonderia, impianti elettrici. Miniere dismesse (prevalentemente carbone, piombo e zinco). Impianti per lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti speciali. La legge italiana 349/1986 ha classificato quest’area come “ad alto rischio di crisi ambientale” e quegli impianti come “ad alto rischio tecnologico” (Norma Seveso, Decreto 334/1999). L’area è parte del sito nazionale per il recupero del Sulcis.
  • San Gavino (24.000). Attività industriali e commerciali. Fonderia di zinco e piombo. Fabbriche casearie. Produzione alimentare.
  • Sarroch (52.000). Industria petrolchimica e raffineria. Impianti di produzione di energia elettrica. Miniere. Inceneritore. Impianti per lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti speciali. Depositi di gas e oli minerali.
  • Ottana (15.000). Industria chimica. Produzione di fibre plastiche e sintetiche. Produzione di denim.
  • Porto Torres (158.000). Industria chimica: produzione di prodotti chimici di base (benzene, toluene, etilene, propilene e altri), polietilene, elastomeri, e cloruro di vinile. Industria tessile. Discariche di prima e di seconda categoria. Alcuni impianti sono stati classificati come “ad alto rischio tecnologico” (Norma Seveso, Decreto 334/1999). Quest’area è un sito di recupero nazionale. È inclusa la città di Sassari .
  • Tortolì (23.000). Costruzione di strutture in acciaio per impianti offshore per l’industria del petrolio e del gas. Cartiera.
  • Tempio Pausania (21.000). Produzione del sughero. Cave.
  • Macomer (17.000). Industria tessile velluto. Discariche di prima e di seconda categoria. Inceneritore.

Miniere:

  • Arbus (30.000): Estrazione dello zinco, del piombo e dell’argento.
  • Iglesias (39.000): estrazione dello zinco, del piombo e dell’argento.

Zone militari:
  • Teulada (16.000)
  • La Maddalena (11.000). Cantieri marina militare
  • Salto di Quirra (31.000). Area mineraria.

Aree urbane:
  • Cagliari (299.000). Impianti petrolchimici, porto, aeroporto
  • Nuoro (37.000)
  • Olbia (47.000): porto, aeroporto
  • Oristano (31.000)
  • Sassari (121.000)



Risultati: La comparazione Italia - Sardegna
Nel periodo 1997-2001, il tasso di mortalità standardizzato per età (x1,000 persone-anno) tra i maschi è stato più alto che in Italia (84,4 contro 80,8), mentre il contrario è accaduto per le femmine (50.9 contro 52.0). Le cause di morte legate a malattia sono state 1,4% nei maschi e il 2.5% per le femmine (contro rispettivamente un dato nazionale del 1.1% e 1.4%). Paragonato al dato nazionale italiano, le stime del tasso regionale di mortalità standardizzato per età è più alto in Sardegna per malattie infettive (23% nei maschi e 12% nelle femmine), malattie respiratorie (22% e 14%: la pneumoconiosi è 6 volte più frequente in Sardegna che in Italia), malattie dell’apparato digerente (26% e 9%), cancro al seno (5%). D’altra parte, i tassi di mortalità regionale sono stati più bassi di quelli nazionali per malattie cardiovascolari (-1,3% e -7,4% nei maschi e nelle femmine, rispettivamente), tutti i cancri considerati insieme (-9% e -7%) e per il cancro al polmone (-5% e -32%). I tassi di mortalità nazionale e regionale per il linfoma non Hodgkin per entrambi i sessi e per la leucemia nelle femmine sono stati praticamente uguali, mentre l’ultimo tasso per i maschi è stato leggermente più alto in Sardegna che in Italia (9,4 vs 8,4 x 100.000 persone-anno). In particolare nei maschi le differenze nei tassi di mortalità per tutte le cause e per quelle cardiovascolari, malattie respiratorie e cancro al polmone tra le quattro province “tradizionali” (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano) sono state più grandi delle differenze tra Sardegna e Italia. Abbastanza curiosamente, anche i tassi di mortalità per i tumori linfoemopoietici sono stati più eterogenei all’interno della Sardegna.

Risultati nelle zone sotto esame
I rapporti delle dimissioni ospedaliere in Sardegna hanno mostrato un’alta variabilità, che è in parte attribuibile alle differenze sia di posti ospedalieri che di forme alternative di assistenza. Questa eterogeneità deve essere tenuta in considerazione quando si interpretano i tassi di dimissione ospedaliera. Questi sono relativamente alti in alcune aree (Cagliari, Iglesias, Portoscuso, Tortolì) e bassi in altre (Olbia, Porto Torres, Sassari). Tutti i rapporti tra dato osservato/atteso sono stati basati su cifre compensate dalla privazione materiale. Tutte le statistiche stimate sono state riportate con un intervallo di confidenza del 90%.

Aree industriali:
Nel 1997-2001 le morti da malattie respiratorie sono state significativamente maggiori tra i maschi a Portoscuso (obs/exp 205/124,77) e a San Gavino (69/46,77). Le morti da pneumoconiosi sono state osservate sporadicamente, con la sola eccezione di Portoscuso, dove l’eccedenza è impressionante (obs/exp 112/30,46). SMRs per il cancro ai polmoni negli uomini varia tra 0,62 di Ottana e l’1,22 di San Gavino, con variazioni statistiche significative dai valori attesi di Portoscuso e di Sarroch (entrambi con SMR significativamente in eccesso en entrambi i casi: 1,24). A Porto Torres la mortalità per tutte le cause è stata significativamente in eccesso per entrambi i sessi (SMRs 1,18 e 1,21), per malattie respiratorie (1,08 e 1,28), per malattie del sistema digerente (1,13 e 1,21). L’ultimo dato è confermato dai rapporti di incidenza del registro del cancro locale. Tra le aree industriali, Porto Torres è stata quella con la maggior prova di un eccesso di morti per il cancro linfoemopoietico nei maschi (obs/exp 99/83,60) e nelle femmine (73/68,2).

Aree minerarie:
Queste aree sono caratterizzate da un eccesso statistico della mortalità degli uomini, per la gran parte causato da condizioni respiratorie non neoplastiche (obs/exp 119/86,41 a Iglesias e 156/62,55 ad Arbus). Negli ultimi anni, le morti da pneumoconiosi sono state in media 20 per anno ad Arbus e 10 per anno ad Iglesias. Il cancro al polmone nei maschi è stato significativamente in eccesso in entrambe le aree (exp 72/56.38 in Arbus and 108/72.14 in Iglesias ) . C’è un andamento annuale (1981-2001) verso una diminuzione della mortalità per problemi respiratori, che tuttavia rimane grandemente in eccesso sulla media regionale anche nel periodo più recente.

Aree militari:
Gli eccessi statisticamente significativi sono stati rilevati a La Maddalena (mortalità 1981-2001), nei maschi 17 casi osservati contro 6,13 attesi, nelle femmine 8/5,64. Nel salto di Quirra, tra il 1997-2001 morti da mielosi 5/2,3 e leucemia sono aumentati per entrambi i sessi (total obs/exp 20/13.3, statisticamente non significativo)

Aree urbane:
Le aree urbane in Sardegna sono relativamente ben sviluppate con alti livelli di indicatori socioeconomici. Il profilo della salute a Cagliari e Sassari è tipico di città del mondo occidentale. A Cagliari c’è una mortalità più alta per tumori colorettali, al seno e ai polmoni

Conclusioni:
L’inquinamento ambientale (non occupazionale) può spiegare alcuni degli eccessi di malattia nelle zone industriali della Sardegna osservate, in particolare nelle donne, in genere meno esposte ai rischi degli ambienti di lavoro, mentre nelle zone minerarie studiate lo schema delle malattie suggerisce una maggiore incidenza dei rischi legati all’ambiente di lavoro. D’altra parte il collegamento causale tra l’occorrenza della malattia e l’esposizione nelle zone militari rimane non dimostrato. Lo schema della malattia nelle città della Sardegna appare essere associato con lo stile di vita e l’inquinamento urbano. Storicamente, le regioni del sud Italia sono state caratterizzate da un vantaggio rispetto al resto della nazione in termini di salute, ma durante l’ultimo decennio questo vantaggio ha teso a svanire. La Sardegna conferma questo andamento secolare. Tuttavia negli studi riguardanti gli anni più recenti, il tasso complessivo di mortalità standardizzato con l’età nelle femmine Sarde rimane ancora più basso della media Italiana, ma non più nel caso dei maschi. E’stato rilevato che le differenze nel profilo di salute tra residenti in differenti zone della Sardegna sono molto più grandi delle differenze tra la Sardegna e il resto d’Italia. Il maggior contributo alle differenze intraregionali è dato dalle 18 zone investigate per le malattie respiratorie (compreso il cancro) nelle aree industriali di Portoscuso, Sarroch e Porto Torres e nelle zone minerarie; le malattie dell’apparato digerente, il cancro al fegato e il cancro linfoemopoietico nella zona di porto Torres; il cancro al sistema linfoemopoietico in alcune zone militari; i cancri al colon e al retto, al polmone, al seno e all’utero in alcune delle città più grandi della Regione.