mercoledì 20 giugno 2007

Laicità

Nuovi steccati tra laici e cattolici? Padre Sorge: non ce n’era bisogno

Da La Nuova Sardegna del 28 Maggio 2007

di Nino Bandinu


NUORO. Torna a Nuoro padre Bartolomeo Sorge e ci torna dopo 15 anni, su invito del Centro studi Lazzati, per parlare di laici e cattolici nella Chiesa e nella societ‚à moderma. Allora in piena Tangentopoli restƒò agli annales questa sua famosa frase «La Dc è€ meglio che muoia» e il gesuita lasciò sbalordita la platea. Ma oggi torna per parlare d'altro, soprattutto della crisi dei laici, della famiglia, e del sistema dei valori nella societ‚à moderna.
Un tema di grande attualità‚, una sfida grande per tutti, compresa la sua Chiesa. Una Chiesa ormai senza profeti.
Quale riflessione, quali segnali allora dare al mondo dei laici disorientati anche nella grande ecclesia romana?
Parte da qui il gesuita della primavera antimafia di Palermo ai tempi di Falcone, Borsellino e padre Pintacuda, per affermare subito che il «vero problema oggi €è la contrapposizione tra laici e cattolici».
Un contrasto che sembrava «fuori della storia» ma che pure è€ tornato, sollevando nuovi steccati storici. «Si è€ tornati a un clima di cui l'Italia non aveva certo bisogno» osserva padre Sorge. Mentre oggi il problema vero €è quello di «fare unità‚ nella pluralità‚». Insomma, questa €è la vera sfida del nuovo millennio: «E noi dunque dobbiamo trovare ciƒò che ci unisce».
Detto questo, perƒò, il gesuita ex direttore di Civiltà‚ cattolica e attuale direttore di Aggiornamenti sociali aggiunge un'altra grande questione: «Ripensare la laicità‚». Per arrivare a una «laicit‚à pi„ù matura» e superare il nuovo confessionalismo, soprattutto quello ideologico dei «piccoli partiti» spesso dogmatici e radicali.
«Se non si ripensa la laicità, non si potr‚à più„ neanche governare», sentenzia a questo punto il vecchio gesuita, che passa a ricordare un Enrico Berlinguer inedito e laico in tempi di dogmatismo filosovietico.
«Un giorno Berlinguer mi disse: farƒò di tutto perchè€ il Pci diventi laico» racconta padre Sorge anche allora non colse subito il significato di quelle parole. Ma subito dopo arrivƒò lo strappo da Mosca. E capì.
Lasciamo Berlinguer e si torna alla contrapposizione tra «laici e cattolici». Ma dove quando sono nati questi steccati? Cos'è cambiato anche nella Chiesa?
La Chiesa ha attraversato «tappe diverse e importanti» e padre Sorge non esita a metterle tutte in fila. Tre tappe precisamente.
La prima è€ stata tracciata da Paolo VI quando ebbe a dire che la missione della Chiesa nella storia era di«ordine religioso» e non politico. Fu l'inizio della fine del «collateralismo con la vecchia Dc». E ciòƒ segnƒò profondamente quegli anni. Ma quella «missione» non venne perƒò accettata da tutti, perch€è tradiva una profonda «sfiducia» nella politica.
Con quella scelta comunque Paolo VI pose la Chiesa fuori dagli steccati politici: «La Chiesa sopra le parti» sottolinea padre Sorge. Il convegno del 1976 segnòƒ infatti uno vero spartiacque per la «evangelizzazione e la promozione umana» ricorda il gesuita, che passa subito alla seconda tappa: quella tracciata da Giovanni Paolo II.
«Un vero gigante» afferma padre Sorge. Un gigante che spostòƒ l'asse e propose una Chiesa anche come «forza sociale» con chiara «funzione di guida» e garante della «cultura popolare».
La svolta venne sancita al convegno di Loreto.
«Notammo il cambiamento, ma restammo freddi» ricorda ancora il padre gesuita. Il papa aveva appena parlato «ma l'applauso non veniva giù„». C'era disorientamento. Poi peròƒ cominciƒò la fase concreta e la «cultura della presenza» dei cattolici nella società‚ subentròƒ alla «cultura della mediazione» politica. La Chiesa così cominciƒò a dialogare direttamente con lo Stato e i governi senza pi„ù delegare nulla alla politica. Soprattutto i vescovi e la loro Cei.
Padre Sorge sottolinea questa seconda tappa con questa formula: «Presenza senza mediazione». Insomma dopo il convegno di Loreto tornano in primo piano i vescovi e la Cei cominciƒò a trattare direttamente con lo Stato. E' in questo clima di svolta che €è maturato l'«irrigidimento tra le forze in campo».
E lo scontro ancora continua.
La terza tappa infine viene segnata dal papa nuovo, Benedetto XVI, quando al convegno di Verona va «oltre Paolo VI e Giovanni Paolo II». Ratzinger introduce infatti la nuova linea della «Testimonianza nella carit‚à» e per chiarirla meglio fa due esempi: «la scelta dei poveri e l'assunzione di responsabilità dei laici».
La Chiesa insomma mitiga la forza trainante dell'impegno politico e rimette al centro i poveri. Non è€ pi„ù soggetto politico. I laici comunque saranno impegnati nei servizi civili e politici. E' il ritorno della mediazione politica dei laici? Forse.
Ma così la Chiesa di Ratzinger non fa un passo indietro?
«No, è€ un passo in avanti, la sintesi che fa Ratzinger €è in avanti» precisa il gesuita, perch€è la scelta €è di «ordine religioso» e allo stesso tempo rivaluta i «laici nella società‚».
Ma che c'entra in tutto questo la famiglia? Perchۏ i nuovi steccati si sollevano intorno a questa? La crisi della famiglia non arriva certo dalle coppie o dalle unioni di fatto, ma da ben altro.
Il gesuita annuisce e con calma precisa. Esistono due tipi di crisi: una «crisi congiunturale e una crisi antropologica e strutturale». E in quest'ultima lui inquadra la crisi della famiglia, ma anche quella della scuola, della politica e della cultura: tutto nella grande crisi strutturale e antropologica, quella che per essere chiari viene definita «postmoderna» e che arriva dopo la civilt‚à industriale.
La crisi della famiglia è€ dunque una parte della «crisi strutturale» per padre Sorge, che per spiegarsi meglio ricorre all'esempio classico del palazzo. «E' come in una casa - precisa - se la lesione interessa solo una parte, un muro, il tetto, si puƒò aggiustarla. Ma se cedono le fondamenta, non c'è€ più„ niente da fare». La crisi della nostra epoca €è così: parte dalle fondamenta e mette in discussione tutto. Anche la famiglia.
Chiarissimo. Ma quanta consapevolezza c'€ di questo tra i laici e nella stessa Chiesa?
Il gesuita riflette poi risponde: «Non siamo del tutto consapevoli. Trattiamo questa crisi, come pi„ù grave di tante altre», ma non tutti sono consapevoli che i «vecchi modelli non servono più„». Insomma si viaggia senza modelli e come diceva Machado la strada si fa solo con l'andare.
Ma qui padre Sorge apre una parentesi e torna alla storia dell'umanit‚à per individuare quattro grandi crisi strutturali e antropologiche che hanno sconvolto culture, modelli e costumi del mondo: la caduta dell'impero romano, la grandi scoperte geografiche, la rivoluzione francese e l'ultima post industriale e postmoderna.
Noi viviamo in ques'ultima crisi: noi, la famiglia e la società. E di fronte a questa crisi certi modelli sono obsoleti. Basti pensare alla crisi nell'educazione: «I figli non ascoltano i genitori e gli alunni i professori» schematizza il gesuita. Che ripete ancora: «I vecchi modelli sono in crisi, non servono più„». I nuovi modelli allora saranno inediti, verranno in forme nuove dalla crisi che stiamo vivendo? Padre Sorge annuisce ancora e conferma.
Ma la Chiesa si trova gi‚à in questa strada? Breve pausa, poi il finale: «La Chiesa non è €ferma, ma il passo non mi sembra quello della storia. Noi crediamo comunque che Dio guidi questa nostra Chiesa...»